Million Dollar Baby

Ci sono film che attendi con impazienza e con la grande convinzione che li amerai profondamente. Quando deludono, il colpo è veramente da k.o.

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Peccato perché l’attesa era veramente tanta. Il fatto è che Clint Eastwood è ormai rimasto uno dei pochi registi a fare cinema classico. Niente esplosioni o montaggio serrato, Eastwood si concentra sui personaggi, sceglie ottimi attori (e permette spesso loro di migliorarsi) e gira con grande eleganza.
Qual è allora il problema di questo film? Fondamentalmente uno grosso come una casa: una sceneggiatura risibile. Iniziamo dal pugilato. La rappresentazione che viene data sullo schermo è assolutamente vergognosa, nonostante la pellicola sia tratta da una serie di racconti di un ex manager. E’ difficile credere che un esperto del genere possa avere questa visione di uno sport che ha vissuto per cinquant’anni, tanto che sembra più probabile che le magagne siano da addebitare allo sceneggiatore Paul Haggis e/o a Eastwood medesimo.

Comunque sia, anche per chi non considera la boxe come “la noble art”, si stupirà nel vedere qualcosa di molto più simile al wrestling che al pugilato. D’altronde, i colpi proibiti si sprecano e tutto sembra venire accettato tranquillamente dagli arbitri.
Inoltre, i combattimenti non sono realistici. Il pugilato non è quasi mai fatto di singoli colpi decisivi e capaci di mettere k.o l’avversario (come si vede purtroppo anche in tutta la serie di Rocky), ma di sequenze capaci di sfiancare l’altro contendente e costringerlo ad aprire la sua difesa. Che l’esordiente Swank massacri in quel modo delle boxeuses molto più esperte di lei, è semplicemente risibile.
Ci sarebbe poi molto da dire sul terzo atto, ma significherebbe esporsi a spoiler pericolosi. Dico soltanto che la svolta del film è decisamente incongrua, che il seguito non è granché e soprattutto che il finale, spacciato per coraggioso, è francamente telefonatissimo.

Altro problema, i personaggi di contorno. Se del terzetto di protagonisti (tutti candidati all’Oscar) parleremo dopo, è giusto spendere un po’ di righe sugli altri interpreti. Non andiamo bene con lo sfidante per il titolo (molto abbozzato), né con i tanti aspiranti che si allenano nella palestra gestita da Eastwood/Frankie Dunn (anche se il ragazzo ritardato è un'idea originale). Ma scadiamo nel macchiettistico con la famiglia della Swank/Maggie Fitgerald, delle sanguisughe degne di una soap opera.

Peccato per queste cadute di tono, perché i tre protagonisti funzionano bene insieme. Eastwood è sicuramente quello meno convincente, anche a causa di certe espressioni eccessive e una certa rigidità che mostra.
Si ha l’impressione che sia rimasto ancorato a certo western, con personaggi troppo schematici e un ruolo ritagliato per lui che non è molto diverso da quello de Il cavaliere pallido (ma lì, anche se si trattava di un remake, eravamo su ben altri livelli).
La Swank è bravissima (anche se, come detto, non sempre credibile, ma non per colpa sua) riuscendo a fare non solo un ruolo da Oscar (un bis è molto probabile), ma addirittura due.
Ma il migliore, come si poteva prevedere, è lo strepitoso Morgan Freeman. In una parte che sarebbe passata quasi inosservata nelle mani di un altro, Freeman riesce a rappresentare un grande calore umano, anche grazie ad un paio di scene da applausi. Peccato che non compaia più a lungo...

Alla fine, una domanda sorge spontanea. Molti hanno parlato di Sideways come di un film sopravvalutatissimo. Se ne può discutere, ma allora che pensare del delirio critico verso M$B?

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