Millennium - Uomini che odiano le donne, la recensione
Importato, adattato, rifatto e reinterpretato, il primo capitolo della saga di Stieg Larsson subisce il trattamento hollywoodiano e ne esce con sufficienza...
Se non si è già amanti della trilogia letteraria il primo adattamento fatto dai romanzi di Larsson, quello svedese per intenderci, era insostenibile. Non sfruttava gli spunti lasciati dalla storia e la metteva in scena come un giallo Mondadori.
L'impressione che si ha uscendo dal cinema dopo aver vistoMillennium - Uomini che odiano le donne, è di aver visto un buon film di cui al regista importava poco. Fincher sembra avere sempre la testa da un'altra parte mentre mette in scena le peripezie di Lisbeth e Mikael Blomkvist.
I suoi due detective (davvero ben interpretati, specie il Blomkvist di Daniel Craig, equilibratissimo), sono privi di verve o di un approccio particolare al loro compito e brillano di interesse (come del resto la fantasia del regista) solo quando fanno altro. E' il caso della scena della violenza sessuale subita da Lisbeth, musicata dal solito Trent Reznor a partire dal rumore di un aspirapolvere da ufficio che lentamente diventa musica ossessiva per la violenza in corso, o dei momenti iniziali, quando Blomkvist vede crollare la sua credibilità professionale o ancora di quel contrasto di corpi nello spazio indifferente della metro durante lo scippo. Il resto è davvero accademia, cinema ben fatto ma senza passione.
Menzione speciale per i titoli di testa, un vero videoclip. Ma dei migliori. Un incubo di corpi, melassa nera e prese USB.