Mike & Dave: Un Matrimonio da Sballo, la recensione

Una commedia matrimoniale che non sembra tale come Mike & Dave: Un matrimonio da sballo sancisce la nascita di una nuova coppia di sceneggiatori

Critico e giornalista cinematografico


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Invece che guardare Mike & Dave: Un Matrimonio da Sballo come uno dei molti tentativi di Zac Efron di trovare un carattere intorno al quale modellare la sua presenza sullo schermo (dopo quello fallito della commedia leggera e del dramma, vedasi Mud, ora sta tentando la commedia di grana molto grossa), lo si può vedere come un altro capitolo nella moderata ascesa di Andrew Jay Cohen e Brendan O’Brien, duo di sceneggiatori usciti dalla scuderia di Judd Apatow e arrivati sul grande schermo con Cattivi Vicini e poi Cattivi Vicini 2.

I due scrivono materiale in perfetta linea con quello che la commedia americana più dura di questi anni propone, cioè una versione meno dirompente ma sicuramente più ritmata e caotica della rivoluzione fatta dai fratelli Farrelly a fine anni ‘90, quella all’insegna del volgare con gusto, ossimoro del quale i due sono stati i re incontrastati. Là dove molti scrivono e interpretano commedie in cui il politicamente scorretto è una patina e i personaggi “scemi” come si conviene hanno grandi cuori, loro tamponano l’esigenza di finali melliflui con un sincero disprezzo per i protagonisti.

Senza guardare in faccia a nessuno mettono in scena autentici imbecilli, simpatici solo in superficie ma profondamente pericolosi, irrisolti e irrimediabilmente destinati all’infelicità. Già in Cattivi Vicini era toccato a Zac Efron un tipico “casinista” ed eterno ragazzo, dal risvolto amaro e dalla non invidiabile stupidità. Ora i due fratelli che gli stessi familiari temono e poco sopportano, a cui chiedono di venire al matrimonio della loro sorella con delle fidanzate che li moderino, sono una nuova versione di questi eterni bambocci che, proprio per il loro essere tali, risultano irrimediabilmente tristi. Nonostante la forza di Cohen e O’Brien stia proprio nel ritmo e nelle battute (ma anche nella maniera in cui scelgono e lavorano sugli attori), esiste un’amarezza non comune al cinema americano in ogni loro avventura. E forse proprio per questo il film è così più divertente della media, per la sua prossimità al tragico e al mesto.

Questa volta poi ai protagonisti maschili affiancano anche due ragazze uguali e diverse, speculari nel loro essere indietro di qualche anno sulla propria età anagrafica ma lo stesso fuori dalla società civile. Totalmente outsider, impossibilitati a fare le cose che fanno tutti (trovare un lavoro, guadagnare, sistemarsi ecc. ecc.) questi 4 personaggi si trovano e si incasinano come qualsiasi commedia prevede, ma lasciando un senso di profondo distacco. Lo stesso film che li contiene sembra non amarli troppo. Se ne celebra la spinta vitale da una parte, dall’altra è sempre molto attento a mettere in scena quanta amarezza esista nel loro stile di vita finalizzato proprio a non essere mai tristi, a vivere al massimo.

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