I migliori giorni, la recensione
Film in 4 episodi tutto sull'ipocrisia, declinata in situazioni e contesti diversi, I migliori giorni si perde nelle sue ambizioni
La recensione di I migliori giorni in uscita in sala il 1° gennaio
Film in 4 episodi diretto da Bruno e Leo (due per uno), I migliori giorni utilizza quattro feste comandate (Natale, Capodanno, San Valentino e l’8 marzo) come ambientazione per parlare dell’ipocrisia nella nostra società: l’ipocrisia dei rapporti famigliari in un caso, quella del potere che si professa dalla parte dei bisognosi in un altro, quella dei legami sentimentali convenzionali e infine quella della società nei confronti della posizione della donna. Tuttavia è difficile davvero parlare di questi temi e farlo con ironia (in certi casi, in altri no) con questa scrittura.
Fin dal primo segmento, ambientato a Natale, in cui viene riesumato un classico della commedia classica (la cena importante a cui viene il capo davanti al quale non bisogna sfigurare per ottenere l’agognata promozione), a trionfare è il “sentenzismo”, cioè l’amore appassionato per le frasi eclatanti e le sentenze. “Ci siamo incattiviti” detto guardando nel vuoto, “Aveva ragione Monica Vitti” più citazione... ma anche il continuo ripetere il termine “ipocrisia”, sovrapresente nei dialoghi insieme alla frase “La vuoi sapere la verità?”, sono tutti espedienti che annullano ogni forma di ragionamento che invece il film vorrebbe stimolare con i suoi intrecci fatti di maschere che cadono, apparente cambiamento della situazione e ritorno all’equilibrio ipocrita prima della fine.
Solo che se nella parte familiare che vorrebbe essere farsa quest'ultima non arriva mai (non c’è la capacità di sfruttare quel meccanismo per gag efficaci), in quella di satira del potere non c’è mai vera cattiveria, in quella sui rapporti sentimentali ci dovrebbe essere grande appeal sessuale che tuttavia non sentiamo mai e infine in quella, allucinante, sulla posizione della donna c’è un uso strumentale della speranza nei "giovanichesonoilnostrofuturo", alla fine ciò che emerge chiaramente è soltanto che I migliori giorni è un film con un’idea molto povera di cosa il cinema possa essere o fare.