Mickey's Craziest Adventures, la recensione

Mickey's Craziest Adventures di Trondheim e Keramidas è il primo volume della Disney Comics Collection

Carlo Alberto Montori nasce a Bologna all'età di 0 anni. Da allora si nutre di storie: lettore, spettatore, ascoltatore, attore, regista, scrittore.


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Mickey Glenat

Grazie a Giunti arrivano in Italia i volumi della collana Disney Comics Collection, nei quali apprezzati fumettisti francesi si cimentano per la prima volta con topi e paperi realizzando storie inedite fornendo una reinterpretazione personale. La prima uscita di questa collana è Mickey's Craziest Adventures, scritto da Lewis Trondheim e disegnato da Nicolas Keramidas, presentato come un vecchio fumetto ritrovato.

L'introduzione rivela infatti l'esistenza di una fittizia serie di albi risalente agli anni '60 che gli autori avrebbero scoperto in un vecchio mercatino, decidendo poi di raccogliere le singole tavole di una storia pubblicata numero dopo numero, nonostante la collezione non sia completa e manchino diversi tasselli. Questa ipotetica testata risulta alquanto bizzarra, visto che ci vengono mostrate diverse copertine dedicate all'avventura raccontata al ritmo di una tavola al mese, all'apparenza la portata principale di una rivista di 64 pagine.

L'espediente del finto ritrovamento non è certo una trovata inedita, ma viene portata avanti con alcune soluzioni grafiche che simulano pagine rovinate e addirittura bordi strappati. Ma questo stratagemma è soprattutto alla base del meccanismo narrativo in grado di ricreare la sensazione di leggere uno di quei fumetti in cui un'unica storia viene sviluppata con puntate da una tavola, con tanto di immancabile battuta finale.

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Il difetto principale di questa struttura è probabilmente anche il motivo per cui è stato adottata, ovvero le tavole mancanti: grazie a questo accorgimento lo sceneggiatore può permettersi ellissi nella vicenda che spesso risultano esagerate rendendo difficile al lettore comprendere come i protagonisti siano potuti uscire da una particolare situazione, o a passare da un luogo a un altro nel corso di una o due pagine soltanto.

A volte l'autore gioca spudoratamente con questi eventi non mostrati, ma più che un sorriso tale soluzione fa scaturire un pizzico di fastidio per i momenti cruciali che sono stati omessi dal racconto e avremmo voluto vedere.

Parlando di fumetti con protagonista Topolino portati avanti al ritmo di una pagina alla volta, viene subito da pensare a Floyd Gottfredson, ma Mickey's Craziest Adventures è qualcosa di differente: sacrifica una trama omogenea a favore di un ritmo forsennato e un'elevata varietà di situazioni.

Topolino e Paperino si ritrovano infatti catapultati in un giardino con insetti alti quanto loro, nel cuore della giungla e in un antico tempo azteco, nel bel mezzo del deserto e tra i dinosauri della preistoria, nelle profondità oceaniche e sulle vette di montagne innevate, sulla superficie della luna e all'interno di un galeone sommerso.

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È facile comprendere che, con il susseguirsi di tutte queste location in meno di 50 pagine, la vicenda sia più portata a sorprendere per la quantità di elementi messi in gioco, lasciando poco spazio a uno sviluppo approfondito dei personaggi e a ciò che si trovano a vivere.

I disegni sono molto cartooneschi, anche più di quanto siamo abituati a vedere quando parliamo di personaggi disneyani; sembra quasi di essere alle prese con un cartone di Tex Avery, con i personaggi rappresentati costantemente con gli occhi spalancati, il che è un peccato perché in questo modo viene meno la recitazione che avrebbe potuto arricchire molto il fumetto, come si può intuire dalle rare occasioni in cui vediamo espressioni differenti.

La colorazione di Brigitte Findakly trova un buon equilibrio tra fumetto d'epoca e moderno, riuscendo a mantenere credibile il fatto che si tratti di un prodotto risalente agli anni '60 senza però appesantire la fruizione di un lettore moderno.

Lo stesso purtroppo non si può dire dell'effetto di stampa puntinato: una texture riproposta in ogni tavola di cui avremmo fatto volentieri a meno per apprezzare al meglio i disegni.

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