Miami Vice

I poliziotti Sonny Crockett e Ricardo Tubbs devono infiltrarsi in un traffico di droga, condotto dall’affascinante Isabella. Michael Mann torna ai suoi livelli migliori, mentre i protagonisti sprigionano fascino da tutti i pori...

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Un film cool e intelligente? Di questi tempi, sembrerebbe un ossimoro. Eppure, è quello che è riuscito a fare Michael Mann. Dopo aver fallito totalmente con Ali e parzialmente con Collateral, il regista ha fatto la cosa migliore possibile: lavorare su una pellicola decisamente commerciale. E chiunque conosca un po’ la storia di Hollywood, sa che queste unioni tra veri artisti e grandi produzioni possono spesso essere meravigliose (pensate a Il padrino di Francis Ford Coppola o al Batman di Tim Burton) e riuscire ad equilibrare bene le diverse esigenze di creatori e finanziatori, come avveniva perfettamente nella Hollywood degli anni trenta.

Miami Vice non cerca di essere cool e intelligente. A differenza di tanti prodotti presuntuosi e banali, Miami Vice è cool e intelligente, ma in maniera completamente naturale. Una volta che si fanno le scelte giuste, sia in termini di cast, di storia e di tecnici, allora l’importante è proseguire coerentemente. E Mann lo fa senza esitazioni, anche a costo di rischiare qualcosa al botteghino, considerando che di azione e di spettacolo cafone (caratteristiche che vanno per la maggiore attualmente) ne vediamo poco (a tal punto che non ci sono neanche dei titoli di testa esplosivi, come sarebbe stato prevedibile). Anche gli eventi peggiori avvengono in maniera agghiacciante e senza enfasi. Penso ad una scena di massacro girata in slow motion che non ha nulla da invidiare al John Woo degli anni ottanta. O ad una morte atroce per i protagonisti, ma praticamente invisibile per lo spettatore.

E il regista peraltro, come già aveva fatto in Heat, dimostra di saper girare benissimo le scene di sesso, senza renderle patinate e volgari, ma riuscendo anche ad esprimere i sentimenti dei personaggi. Certo, forse si esagera con i momenti in doccia, ma anche quelli non scadono nella banalità. Inoltre, siamo di fronte ad un vero film melting pot, che mostra la complessità razziale delle nostre società senza voler apparire come un bignami didascalico.
E vogliamo parlare della fotografia di Dion Beebe (premio Oscar per Memorie di una Geisha)? Solo la visione incredibile del porto di Miami virato in blu merita una nomination.

Anche gli attori sono fantastici. Colin Farrell ha uno sguardo sperduto perfetto per delineare il suo personaggio. Gong Li evita accuratamente gli stereotipi della dark lady (fate attenzione a chi la definisce così, non ha capito nulla di noir). Purtroppo risulta un po’ sacrificato Jamie Foxx, che deve portare avanti un personaggio con una storia non troppo interessante.
Ma è decisamente il caso di parlare dei comprimari, che sono essenziali per il lavoro dei protagonisti. E’ bello vedere che in piccoli ruoli si possono trovare interpreti come Ciarán Hinds (era Giulio Cesare nella miniserie della HBO Roma) e John Hawkes (protagonista di Deadwood e Me and You and Everyone We Know), che offrono lampi della loro classe.
E poi, anche grazie ad un’ottima direzione degli attori, gli interpreti preferiscono giustamente esprimersi con il loro corpo (fate attenzione a quanto sono importanti le dita) piuttosto che con le parole.

Per carità, ci sono delle piccole cadute di tono, come qualche dialogo troppo solare tra Colin Farrell e Gong Li (in una storia che non conquista come forse avrebbero voluto gli autori) o un’esplosione palesemente finta. Di certo, la storia non è originalissima (ma su questo il trailer ci aveva preparati) e forse una decina di minuti in meno avrebbe giovato.

Ma sono quasi tutti peccati veniali, in questa pellicola che offre un confronto finale epico, polveroso e spettacolare, un perfetto incrocio tra la durezza di un Sam Peckinpah e la visionarietà di Michael Cimino. E un finale ambiguo e poco conciliante, anche se magari non straziante come sarebbe stato possibile. Insomma, si tratta del film più maturo e coinvolgente dell’estate. Se non vi basta, dovete procurarvi una macchina del tempo e tornare alla New Hollywood degli anni settanta...

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