Mi presenti i tuoi?
Di cosa ha bisogno un sequel per funzionare bene? Di non essere una copia dell’originale e magari di alzare la posta in gioco. Tutto il contrario di questo film...
Per quanto riguarda le novità , ecco che si utilizza un espediente praticamente obbligatorio: inserire nuovi personaggi. In questo caso, si tratta dei genitori di Gaylord, che ovviamente per ragioni comiche sono l’opposto dei Byrnes. E di per sé la cosa potrebbe funzionare, perché Dustin Hoffman (nei panni di un fin troppo disinibito avvocato in pensione) e Barbra Streisand (in quelli di una terapista sessuale) promettevano scintille. Il fatto è che la loro interpretazione è anche interessante, ma l’alchimia (e soprattutto gli scontri) con i loro partner Robert De Niro e Blythe Danner è invece risibile. Possibile che dei personaggi così diversi tra loro su questioni come la politica, il sesso, il modo di vivere e di sentirsi americani, non siano in grado di produrre qualcosa in più di qualche sterile battibecco? Non si potrebbe tirar fuori un po’ della loro rabbia e diffidenza reciproca per dar vita a qualcosa di veramente esplosivo?
Tuttavia, quando si tratta di affrontare terreni leggermente più spinosi, la pellicola evita accuratamente di andare fino in fondo.
E alla fine, gli sceneggiatori non si accorgono di aver dato vita ad una crisi fittizia, in cui nessuno spettatore può veramente appassionarsi per una situazione in cui fondamentalmente non ci sono dei veri rischi di rottura (o almeno, non di rotture gravi).
E anche i titoli di coda (che spesso nei film con Ben Stiller sono esilaranti) sono qui tra le cose peggiori e più inutili.
Insomma, verrebbe voglia di chiedersi cosa è successo per realizzare un film così deludente. Ma poi si guardano gli incassi americani e ci si chiede chi è che ha ragione. I produttori, presumibilmente...