Mi fanno male i capelli, la recensione

Dentro Mi fanno male i capelli ci sono due film, uno più convenzionale e uno sperimentale molto buono, peccato che sia per pochi

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Mi fanno male i capelli, il film di Roberta Torre presentato alla Festa del cinema di Roma e in uscita in sala il 19 ottobre

Ci sono due anime in Mi fanno male i capelli, una più narrativa, quella che racconta di una coppia in bancarotta, finita in mano ad uno strozzino incredibilmente gentile, ma comunque in picchiata, rifugiata in una casa al mare e senza apparente via d’uscita. E una più sperimentale, che parla della confusione che esiste in uno dei due personaggi tra mondo reale e sua rappresentazione. La prima parte non funziona bene, è trascurata e sembra un piccolo contrappunto marginale al film capace di aggiungere poco, la seconda è invece molto interessante ma inevitabilmente autoreferenziale, per appassionati e slegata da qualsiasi cosa di universale il film possa voler dire. Nondimeno Roberta Torre conferma di avere sempre qualcosa di intrigante da mostrare.

Questa volta è questa storia di una donna affetta da sindrome di Korsakoff, i suoi ricordi si modificano e si perdono, non sa chi è progressivamente e comincia a modificare il mondo che le sta intorno. La svolta avviene quando sta guardando un film con Monica Vitti, La notte, in cui lei dice di avere l’impressione di scordarsi ogni giorno qualcosa. Questa frase che sembra così tanto venire dalla sua vita colpisce Monica (anche il personaggio si chiama così) e da quel momento la spinge a rimettere in scena le parti dei film con Monica Vitti insieme al compagno, per poi proprio elaborare quel che le succede con pezzi di film e sempre di più vivere nei film, fino a che ogni superficie riflettente diventa nella sua testa uno schermo su cui passano film di Monica Vitti e Alberto Sordi.

Non è davvero niente male la maniera in cui le immagini riprese e proiettate elaborano la realtà, lo scivolare in un mondo di rappresentazione che è anche la più grande affermazione dell’influenza del concetto di star nella vita personale e del peso che avevano i film nella vita delle persone una volta. Sono le immagini che conquistano di questo film. Roberta Torre fa un po’ Pietro Marcello, lavora di materiale di repertorio a qualità e formati diversi, inframmezza, contamina e sovraimpressiona, tutto per raccontare un rapporto complicatissimo con quel che vediamo e quello cui aspiriamo, sfruttando lo spunto di un personaggio affetto da una patologia neurologica.

Alcune cose sono inspiegabilmente brutte, va detto, come il fatto di usare anche una voce che imita Alberto Sordi per far dire ad Alberto Sordi quello che serve alla trama. È una pessima imitazione, non suona nemmeno vicina all’originale e si passa tutto il tempo a chiedersi come sia stato possibile fare questa scelta. Come non funziona il finale di follia e spiaggia (ancora questo binomio!?!?), ma Mi fanno male i capelli, benché non sia un film su Monica Vitti in senso stretto, è uno dei film più complicati e interessanti sul nostro rapporto con le immagini. Peccato che così com’è affronti questioni che interessano l’1% della popolazione senza saperle portare al restante 99%.

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