Metti la Nonna in Freezer, la recensione
Con tre donne come protagoniste e una storia d'amore addirittura credibile, Metti La Nonna In Freezer, è un raro esempio di commedia italiana godibile a tutti i livelli
Metti la Nonna in Freezer riprende un tipo di film da lui già esplorato con Amiche Da Morire, ovvero un terzetto di donne, molto diverse tra loro e raccontate benissimo nella loro diversità che le rende complementari e amiche, unite da qualcosa di macabro da nascondere ad un uomo che rappresenta l’autorità. Qui l’autorità è Fabio De Luigi integerrimo finanziere da macchietta che incastra i colpevoli con audaci retate in costume e obbliga i suoi sottoposti a fare continui straordinari perché non ha una vita e nemmeno una donna. Le donne invece sono la restauratrice in bolletta di Miriam Leone (lo stato non le paga quel che le deve e lei va avanti con la pensione della nonna) e le sue impiegate (l’immensa) Lucia Ocone e Marina Rocco, la svampita del cinema italiano.
Questo intreccio semplicemente perfetto (fatto dei consueti scambi, del cadavere della nonna perduto e ritrovato ma anche di un formidabile villain, il finanziere raccomandato che ruba i meriti di De Luigi) è messo in scena con grande ritmo e un’ottima gestione degli attori da Stasi e Fontana, registi semi esordienti al cinema, partiti anni fa dalla rete con il video Inception Berlusconi. I due centrano il tono giusto e dosano con precisione il ritmo di ogni momento per non creare momenti di stanca. Lo stile è quello spietato e molto cinematografico delle commedie spagnole dei primi anni 2000 (a partire da quei titoli di testa con un impossibile carrello dentro il freezer, tra i surgelati), uno che rifiuta la fotografia naturalista e la messa in scena minimalista, ma immagina una commedia mescolata, con molta moderazione, ad altri generi spingendo sulla sua natura fasulla e caricata, colorata e paradossale.
Come sempre Metti la Nonna in Freezer piacerà e non piacerà, ma quel che è innegabile è che siamo di fronte a quel raro esemplare di commedia italiana concepita e prodotta in maniera moderna, dal concept fino alla fine alla comunicazione, vivacissima nella scrittura e nei caratteri (c’è anche uno spasimante della nonna con camper curatissimo da Eros Pagni), capace di fondere il meglio delle caratteristiche del genere di riferimento (statunitense di nascita) con il meglio dei cambiamenti in corso nel mondo della narrazione (le donne al centro delle storie e le molte potenzialità di questo scambio), unendole al segreto della commedia italiana, cioè una serie di comprimari eccezionali che di fatto sorreggono la trama.
A questo punto sembra anche che tutto ciò che altrove non vada mai bene, stanchi o annoi come i montaggi musicali (qui con Let My Love Open The Door di Pete Townshend), siano una parte irrinunciabile del film.