Metro Exodus, come cambiare completamente e al contempo restare fedeli a sé stessi – Recensione
L’FPS di 4A Games diventa un open world: la recensione di Metro Exodus
Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".
Metro Exodus esce dai claustrofobici tunnel della metropolitana ai quali ci aveva abituato, rendendo l’escursione all’aria aperta molto più che un capriccio, un’isolata scampagnata a proprio rischio e pericolo da condurre tenendo sempre sott’occhio la propria scorta di filtri per la maschera antigas. Open-world diventa la parola d’ordine, il mantra su cui si erge il capitolo più ambizioso dell’epopea del silenzioso Artyom, che al tempo stesso svela e denuncia i limiti, ormai invalicabili, di un modo di intendere e realizzare FPS che ha certamente fatto il suo tempo.
[caption id="attachment_193661" align="aligncenter" width="1000"] Accerchiati dai mutanti, senza più medikit e con un fucile inceppato è facile farsi prendere dallo sconforto. Il game over non è un’eventualità così recondita in Metro Exodus[/caption]
Tanto per cominciare, la trama, che finalmente ci accompagnerà a scoprire quel mondo di superficie che è sopravvissuto all’olocausto nucleare, sfrutta gli stessi espedienti narrativi dei prequel. Documenti trovati in giro per le ambientazioni, conversazioni tra NPC origliate, persino le schermate di caricamento sviluppano l’incedere degli eventi, inquadrano la situazione, forniscono interessanti dettagli sull’ambientazione di turno e approfondiscono i rapporti che legano i vari personaggi che si alternano sullo schermo."Dmitrij Gluchovskij, scrittore dei romanzi, nonché sceneggiatore dei videogiochi della serie, anche in questo capitolo ha dato prova del suo talento"
Dmitrij Gluchovskij, scrittore dei romanzi, nonché sceneggiatore dei videogiochi della serie, anche in questo capitolo ha dato prova del suo talento, riuscendo a ricucire lo strappo che intercorre tra un mondo immaginifico pulsante di vita, nonché generoso di suggestioni, ed una strategia narrativa ormai superata, esageratamente ingessata, affaticata da divese scelte di design.
Un Artyom afono e l’assenza di cut-scene degne di questo nome, sono vincoli che si sopportano solo grazie al carisma dei compagni del protagonista, nonché al fascino che emana ogni scenario che esplorerete.
L’Aurora, nel suo viaggio della speranza, farà tappa in alcune località, ambientazioni che potrete liberamente visitare, sia per completare i vari obiettivi che Miller vi affiderà, sia a caccia di loot con cui costruire tutto ciò che vi servirà per sopravvivere dagli attacchi nemici e non solo.
In questo senso, l’apertura all’open-world ha diluito il gameplay, evidenziando quanto l’incedere spesso insicuro del personaggio possa rappresentare un ostacolo insormontabile per una certa schiera di utenti. I fattori da considerare, difatti, sono moltissimi. Dalle munizioni che scarseggiano, ai medikit che vanno creati a partire dalle risorse scovate, passando per armi che si inceppano con disarmante cadenza, in certe situazioni si devono fare i conti con un level design sordo alle stesse necessità imposte dalle meccaniche ludiche.
L’esplorazione, difatti, è incentivata dall’innata curiosità dell’utente, dal bisogno continuo di nuove risorse, dal desiderio di incappare in nuovi aggeggi con cui potenziare le armi in proprio possesso. I luoghi d’interesse, nonostante le dimensioni mai eccessive della mappa, sono molti, ma non tutti generosi di ricompense adeguate allo sforzo necessario per accaparrarsele. Capita, insomma, di cadere in un’impasse difficile da sormontare, tanto più se si è tutt’altro che avvezzi con i survival.
Nonostante il paradossale cortocircuito, comunque parzialmente arginabile con l’esperienza e la buona volontà, Metro Exodus stupisce e appassiona a più riprese. Veri e propri dungeon ripropongono il level design lineare d’un tempo, le location all’aria aperta permettono un approccio strategico enormemente più profondo rispetto al passato.
[caption id="attachment_193662" align="aligncenter" width="1000"] Non mancheranno alcuni mezzi di locomozione, come barche e moto, per spostarvi più velocemente (e rumorosamente) da un punto all’altro delle mappe[/caption]
Anche questo capitolo, poco a sorpresa e fortunatamente, ripropone il sistema morale, celato e implicito, che conduce a diversi finali. Muoversi nell’ombra non è consigliato solo per risparmiare munizioni, ma anche per evitare di mietere vittime innocenti. Purtroppo, in certi frangenti si palesa nuovamente la rudimentale I.A. che muove i nemici umani, e che vi permetterà di metterli fuori gioco uno ad uno con poca fatica, ma in questo caso si tratta di un difetto assolutamente secondario ai fini della godibilità dell’esperienza, puntualmente rinvigorita da fasi più apertamente shooter in cui dovrete fronteggiare l’avanzata di abomini di ogni dimensione.
Graficamente, Metro Exodus si difende alla grande, pur con qualche scivolone. Il colpo d’occhio è abbagliante, soprattutto grazie agli ottimi effetti luce e ad un art design ispiratissimo, ma i modelli poligonali, soprattutto per quanto concerne le animazioni, palesano una certa arretratezza.
4A Games è riuscita nella difficile impresa di rinnovare, pur mantenendo inalterato il feeling della sua serie. Il free roaming è un apprezzabile tentativo di tenere Metro al passo con i tempi, nonostante un gameplay che fatica evidentemente a metabolizzare una feature che stona lievemente con la progressione dell’avventura.
Eppure, siamo di fronte ad un FPS tanto atipico, quanto efficace, perfettamente in grado di ammaliare chi cerca un survival horror tutt’altro che accondiscendente con il videogiocatore poco accorto e desideroso di mettersi alla prova. Consigliato, insomma, nonostante sia ormai chiaro che il futuro di Metro preveda un’evoluzione ancor più sensibile e totale di quella apportata da Exodus.