Mercurio Loi 5: L'infelice, la recensione
Abbiamo recensito per voi Mercurio Loi 5: L'infelice, di Bilotta, Borgioli e Piscitelli
Se Mercurio Loi ha una trama orizzontale con una continuity piuttosto blanda, la verticalità di ogni episodio è impressionante. Mensilmente assistiamo a un atto unico che, volendo, può essere fruito come storia a sé stante. Il protagonista è un indagatore sui generis e le avventure in cui si immerge non sono mai frutto del caso o della malasorte.
Un bravo detective è in grado di vedere connessioni invisibili all'occhio della persona comune, andando a indagare in quegli spazi interstiziali a cui nessun altro presterebbe cura. Mercurio è testardo: quando segue una pista non c'è nessuno che riesca a fargli cambiare idea, a prescindere da quanto possa essere all'apparenza realistica o campata in aria.
L'Infelice è tanto pericoloso perché agisce come un freddo calcolatore in grado di compiere - attraverso i suoi sgherri - dei gesti indicibili pur di raggiungere l'obiettivo; il suo modus operandi ricorda uno dei nemici storici di Batman, dinamica che fa apparire Mercurio e il suo assistente Ottone come le due anime in bilico tra indagine ed azione del Cavaliere Oscuro. Cosa può andare storto nei piani dell'Infelice, se è in grado di prevedere con così tanto anticipo le mosse degli uomini, influenzandone le azioni? Qualcosa di squisitamente umano e non controllabile che innescherà una catena di eventi dagli interessanti sviluppi.
Il conflitto che di solito contraddistingue gli eroi Bonelli è, in questo caso, scisso tra il protagonista e i vari comprimari della testata. L'Infelice è l'apoteosi di questo concetto perché, dopo quanto visto ne Il cuoco mascherato, il mondo raccontato da Bilotta sembra dividersi tra chi regge il confronto con l'intelletto di Mercurio (i suoi nemici) e chi non riesce, rendendo il personaggio vulnerabile (ma non troppo) unicamente sul piano emozionale, dove i comprimari sono più preparati di lui.
In un numero in cui la malinconia è protagonista, così ricca di sfumature e mezzi toni, un uomo che si fa araldo della razionalità diventa sempre più estraneo in un mondo di comuni mortali vittime dell'emotività, prendendo inevitabilmente le distanze da alcuni di loro, con conseguenze che si preannunciano importanti.
La forza visiva della narrazione, illustrata molto bene dal lavoro da Andrea Borgioli ai disegni e Francesca Piscitelli ai colori, dà il meglio di sé nei volti deformati, tanto dalle risa quanto dal dolore, enfatizzati da una colorazione all'occorrenza luminosa o cupa. Se gli elementi narrativi appaiono così allineati è anche grazie a una coerenza visiva impressionante che, albo dopo albo, fa apparire Mercurio Loi come una successione di eventi armoniosa come l'alternanza tra il giorno e la notte.