Me contro Te - Il film: Missione giungla, la recensione
Al quarto film il duo Me contro Te adotta sempre più tecniche del cinema, rinunciando alla propria natura di alieno dal pianeta YouTube
La recensione di Me contro Te - Il film: Missione giungla, in sala dal 19 gennaio
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Oltre alla continuità tra i film anche una tematica femminista forte e chiara. Da prodotto a suo modo unico, Me contro Te sempre di più assecondano gli standard internazionali inserendo le caratteristiche di successo del cinema per ragazzi mondiale nel loro mondo di riferimenti e piegandoli al loro stile. A non cambiare infatti è la messa in scena e il tono televisivo (che poi sono quelli adottati da YouTube), la scenografia da parco giochi e la recitazione sopra le righe. La strategia sembra quella di sembrare il meno possibile un film con la mano destra mentre con la sinistra, di nascosto, si adottano quante più tecniche cinematografiche è possibile. Certo è che se il budget è legittimamente aumentato, nulla sembra essere andato ad aumentare il tempo speso per le scene, la creazione di coreografie più originali o elaborate né tantomeno negli stunt, di un livello sotto a tutto.
Così tra effetti sonori da Striscia la notizia, gag grossolane e momenti da anime (specialmente per come utilizzano le pose), i Me contro Te chiariscono di non voler assolutamente altri livelli di lettura che non siano quelli infantili, e soprattutto di non voler parlare al loro pubblico in modi sofisticati (come ad esempio fa l’animazione americana, anche quella peggiore, anche quella fallimentare). La caratteristica del duo, anche nei film, è un minimo comun denominatore così basso da risultare difficilmente imitabile da chiunque altro. La controindicazione di tutto ciò è che sempre di più il mondo che entra nelle avventure di Luì e Sofì come in questo caso i caratteristi che interpretano la villain Viperiana, il suo aiutante o i membri della tribù dei Pesantosi, sembrano tarati su standard più elevati, molto più a proprio agio con la dimensione film rispetto ai titolari. Luì e Sofì vengono messi in un angolo anche se sempre presenti, il loro mondo di riferimento è marginale e si adattano male a quello nuovo. Unici a non avere un vero conflitto, un obiettivo personale o un arco narrativo, sono sempre più spettatori che protagonisti.