Me And the Beasts, la recensione | Locarno 76

Alle volte un film può esistere tutto intorno ad un'idea sola, è il caso di Me And The Beasts, che in uno stile usuale trova qualcosa da dire

Critico e giornalista cinematografico


Condividi

La recensione di Me And The Beasts, il film presentato a Locarno nella sezione Open Doors

La trovata più bella di Me and The Beasts, sono proprio queste bestie, cioè degli spettri dell’ispirazione e della dedizione alla musica, che arrivano nella forma di monaci come da un altro pianeta, come usciti da un film di fantascienza camp (tutti gialli e bianchi) e suonano insieme al protagonista quando si chiude in un appartamento per registrare in autonomia, finalmente, il suo primo disco. È una di quelle trovate attorno alle quali vale la pena immaginare un film.

Le bestie sono silenziose, spazzano anche per terra se serve, suonano strumenti, accompagnano e come session men realizzano il disco. Sono l’espansione della creatività del protagonista, fuoriuscito da una band ad inizio film per divergenze politiche, diventato solista ma in difficoltà con il suo vero lavoro. Deve trovare il tempo di fare questo disco, non è più il momento dei compromessi. Come Llewyn Davis dei fratelli Coen anche questo musicista cerca di sfondare a modo suo in un mondo che pare complottare contro di lui, sopporta piccole e grandi umiliazioni e sembra che tutti gli passino avanti.

Con trovata intelligente non è nemmeno importante esattamente che musica faccia, la sentiamo in un paio di casi, più che altro per capire il genere (è più importante che sia ricercata e non banale). I suoi problemi sono tutti pratici, trovare tempo, strumenti, soldi… Mentre tutti intorno a lui lo drenano delle forze, dell’ispirazione e della voglia necessaria, uccidono il desiderio che lo anima e allontanano così “le bestie” fino alla palingenesi finale. Proprio questo nostro poter vedere accanto a lui la personificazione dell’ispirazione fa tutta la differenza, crea un rapporto e trasforma il desiderio di realizzarsi in qualcosa di concreto.

Nico Manzano in questo film del 2021 presentato a Locarno due anni dopo, in un programma di valorizzazione del cinema sudamericano (Open Doors), non fa sfoggio di uno stile proprio, semmai lo prende in prestito dal bacino del cinema d’autore generico, ma fa sfoggio di qualcosa da dire, che alle volte è anche più importante.

Sei d'accordo con la nostra recensione di Me And The Beasts? Scrivicelo nei commenti

Continua a leggere su BadTaste