Maze Runner - Il Labirinto, la recensione
Nella selva degli adattamenti cinematografici da romanzi per giovani adulti Maze runner si fa notare con prepotenza per ritmo e applicazione delle idee del genere
La struttura del racconto è già di suo molto forte e Wes Ball fa di tutto per rispettarla, si tratta di nascondere quanto più è possibile allo spettatore per quanto più a lungo sia tollerabile. Un ragazzo viene catapultato al centro di un megalabirinto pieno di creature orrende, il luogo è già popolato da altri ragazzi arrivati lì prima di lui che hanno creato una comunità mentre cercano di capire cosa sia quel luogo e come poterne uscire. La maniera in cui il film crea 2 nuove domande per ogni risposta che fornisce ricorda Lost e fa dimenticare quello che facilmente poteva essere un altro riferimento, Il signore delle mosche, inoltre anche visiviamente si sente l'odore della serie tv, grazie ad un ambiente privo di tecnologia eppure di pura fantascienza (poichè l'idea è che ci sia qualcosa di più grande, un "sistema", che opprime l'uomo e lo faccia attraverso un'organizzazione centrale). Non solo in questo mondo primitivo si percepisce una tecnologia più grande (come la foresta di Hunger Games, selvaggia ma regolata da remoto) ma anche la maniera in cui i ragazzi lo indagano ha il sapore del reverse engineering, cioè dei principi dell'hacking, capire la struttura di qualcosa procedendo al contrario (che poi è la maniera in cui si risolve un rebus o per l'appunto si esce da un labirinto).
È un mondo al tempo stesso moderno e classico, pieno delle suggestioni più tipiche (la tecnologia sulla quale cresce l'erba) e delle idee contemporanee (la sorveglianza ubiqua, la tecnologia mescolata al biologico). Per tutte queste ragioni non solo Maze runner funziona benissimo, corre, appassiona e diverte ma veicola e conduce con efficacia le idee che sottendono il genere, riesce cioè ad essere efficace.
L'episodio si conclude annunciando i film successivi che sono già in fase di realizzazione.