MaXXXine, la recensione: un salto negli anni '80 per chiudere la trilogia di X
Per chiudere la trilogia Ti West salta negli anni '80 e fa di MaXXXine un pastone di generi d'epoca, più divertente che sensato
La recensione di MaXXXine, il film di Ti West che chiude la trilogia iniziata con X - A Horror Story e Pearl
Per gran parte del tempo, questa storia sembra uno slasher senza omicidi, più preoccupato di aderire ai generi della sua epoca che alla sua epoca stessa. Ne presenta tutti i luoghi comuni e le caratteristiche, ma trattiene il coito dell'omicidio mentre introduce i personaggi attraverso le aspirazioni della sua scream queen, Maxine, che è così ambiziosa che forse parteciperà a un film di serie B con una regista altrettanto ambiziosa, in una storia di persone ambiziose. Del resto questo è ciò che Ti West ha raccontato in questi tre film su spettacolo, sesso e violenza: il modo in cui il desiderio di entrare nel mondo dello spettacolo attira prevaricazione e sopruso sessuale, che i suoi personaggi trasformano in sangue ed efferatezze per esplicitarne (a nostro beneficio) la natura violenta.
È il destino di Ti West: nei suoi film inserisce spesso qualcosa di ottimo, ma non ha la costanza, o forse solo il gusto sufficiente, per mantenere lo stesso livello per tutto il minutaggio. Qui, per esempio, l’ambientazione e lo spunto sono teoricamente perfetti (l’era del porno su VHS è l'ideale per chiudere la trilogia), l’evoluzione di Maxine è impeccabile e soprattutto lo è il finale, con lo svelamento del villain che incarna in un solo personaggio spettacolo, bigottismo, repressione sessuale e violenza (non era facile). Però, poi si perde a lungo, non ha la coerenza compatta del cinema di genere che vorrebbe emulare e sembra non essere un grande fan degli slasher, dei gialli italiani o degli horror di cui parla, ma più qualcuno che ha capito che sono buoni argomenti per un film di successo.