Max Payne

Un poliziotto cerca di scoprire chi c'è dietro all'omicidio della sua famiglia. I film tratti da videogiochi raramente riescono bene. Max Payne non fa eccezione...

Condividi

Recensione a cura di ColinMckenzie

TitoloMax PayneRegiaJohn MooreCastMark Wahlberg, Mila Kunis, Beau Bridges, Ludacris, Chris O'Donnell, Amaury Nolasco, Olga KurylenkoUscita28 novembre 2008 

Vedere Max Payne può essere un esercizio molto istruttivo. In effetti, si tratta di una classica pellicola che spiega dove sta andando il cinema americano (sarebbe un po' volgare dirvelo, lavorate di immaginazione) e perché. In primis, i film si devono fare collegati a qualche altro mezzo espressivo, possibilmente qualcosa di molto vantaggioso economicamente come i videogiochi, per creare il famigerato 'franchise'. A dirigerli, si deve prendere qualcuno che utilizza molto lo slow motion e poco la testa. A scriverli, sceneggiatori inesperti e possibilmente poco costosi. Per le interpretazioni, va bene qualsiasi cosa, basta che si ricordino le proprie battute, mentre non ridono nel pronunciarle e nel fare cose assurde. Perché un programma del genere debba funzionare, rimane un mistero.

Insomma, Max Payne è un classico esempio di aurea mediocrità hollywoodiana, in cui il termine 'aurea' indica soltanto i soldi spesi per realizzare questo genere di prodotti (in questo caso non tantissimi in senso assoluto, ma sempre troppi). Iniziamo dal primo problema. Il film, a differenza di altri titoli di videogiochi, si dovrebbe prestare bene al passaggio sul grande schermo, considerando le sua atmosfere dark e noir. Il problema è che non basta prendere spunto da Il grande sonno di Hawks, buttare lì i soliti elementi (una dark lady interpretata dalla Bond girl Olga Kurylenko decisamente sprecata, un protagonista taciturno e autolesionista fino all'eccesso) per realizzarne uno, ma ci vorrebbe anche un certo stile raffinato. Qui invece la strada presa non sembra ben definita (tra ralenti forsennati, flashback solari e fotografia discreta, ma decisamente falsa), così come la storia, riguardante il solito complotto dei militari (non è Barack Obama potrebbe stabilire una moratoria per questo plot così scontato?) e con un pericolo 'sovrannaturale' che sullo schermo non incute troppo timore. Magari qualcuno un giorno riuscirà a trovare una formula nuova e moderna per affrontare il noir, ma difficile pensare che possa essere John Moore.

Tutto questo, condito da interpretazioni non proprio esaltanti. Mark Wahlberg sembra essersi scordato la prova di Departed (o forse il problema è che tra Martin Scorsese e John Moore c'è qualche differenza?) e mostra praticamente un'espressione sola per tutto il film. La cosa strana, tra le tante di questo film, è che il suo personaggio non ha praticamente nulla di spettacolare da fare nella prima ora di pellicola. Insomma, ci si aspetterebbe almeno qualche tamarrata, ma in sostanza, oltre a fare il duro sempre e comunque, nulla da segnalare. Gli altri interpreti o sono totalmente eccessivi (come nel caso di Amaury Nolasco, conosciuto per la sua partecipazione a Prison Break) o francamente poco convinti (Mila Kunis, per esempio). Piange poi il cuore vedere un attore come Beau Bridges in un contesto simile.  

E se per un'oretta la pellicola prosegue con poca infamia (se non la noia) e nessuna lode, la mezz'ora finale è decisamente da dimenticare. La cosa incredibile è che non sono tanto la solita azione à la Matrix/John Woo, degli effetti speciali decisamente sbagliati o la totale mancanza di tensione nello scontro finale (scontro si fa per dire) a lasciare perplessi, quanto il comportamento completamente insensato di un personaggio, che raggiunge vette di assurdità incredibili. Così, la solita pellicola mediocre raggiunge la sua degna conclusione e riesce a non soddisfare quasi nessuno, come dimostra la caduta vertiginosa al box office statunitense. Ma non è che realizzare diversamente questi film, oltre a soddisfare gli spettatori, aumenterebbe anche i profitti dei produttori?

Continua a leggere su BadTaste