Matrimonio a Parigi - la recensione
Senza la minima novità o intenzione di proporre un'idea diversa dal solito arriva l'annuale film "matrimoniale" di Massimo Boldi. Buona fortuna...
Non sono gli abissi intellettuali a spaventare, nè i deserti di senso o gli oceani di pregiudizi. Nemmeno le cascate di doppi sensi da avanspettacolo degli anni '10 o le folate di razzismo. E' la totale assenza di novità. E' quella che ti annienta sotto la poltrona.
Da quando si è separato dalla Filmauro e dal cinepanettone ufficiale (passando da film con Natale nel titolo a film con Matrimonio nel titolo) sono stati loro i primi a beneficiarne: assieme a Boldi hanno perso infatti anche altri personaggi della medesima risma come Fichi d'India, Enzo Salvi e via dicendo. Insomma, la parte più fracassona e infantile che adesso si ammassa nei medesimi prodotti.
Inutile dire che poco o nulla cambia l'inserimento di un personaggio come Guglielmo Scilla, noto ai più come Willwoosh, incastrato in un personaggio serioso e molto lontano da quello che "interpreta" nei sui video. Scilla è estremamente in parte nel suo piccolo ma l'impatto sul gradimento generale del film per ovvie ragioni non può che essere nullo.
Sarà stata l'uscita di altre commedie italiane molto popolari, di grande successo e molto carine nell'anno passato, ma mai come questa volta l'annuale film di Boldi mi è sembrato fuori dal tempo.