Masters of the Universe: Revelation (prima parte): la recensione
Per molti, Masters of the Universe: Revelation non sarà quel che avevano immaginato, ma forse era la migliore strada percorribile
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Forse, il modo migliore di discutere di Masters of the Universe: Revelation è fare un paragone con She-Ra e le principesse guerriere. Ancora una volta, su Netflix arriva il remake di una piccola serie cult dell'animazione americana anni '80. Come G.I. Joe o i Transformers o altre proprietà intellettuali dell'epoca, tutto torna, e tutto è destinato ad essere raccontato ancora. Eppure nulla potrà mai essere lo stesso, perché ogni storia è influenzata dal momento in cui è calata, da clima in cui si genera e trae le sue influenze. Per molti, Masters of the Universe: Revelation non sarà quel che avevano immaginato, ma forse era la migliore strada percorribile.
He-Man muore. Più o meno. In realtà nessuno spettatore crederà mai al fatto che l'eroe della storia venga fatto fuori insieme al suo arcinemico Skeletor nel climax della prima puntata, ma va detto che questi cinque episodi si attengono strettamente a quella premessa. Effettivamente il principe di Eternia ha sacrificato la sua vita per sventare l'ultimo piano malvagio di Skeletor, il suo segreto viene esposto a tutti, e i protagonisti della serie sono altri. Soprattutto, a volerne individuare una, sicuramente sarà Teela, che si reinventerà come mercenaria e poi verrà coinvolta in una missione molto importante.
Animazione e character design comunque sono migliori della serie sorella. Per il resto, come da tradizione delle serie animate su Netflix qui sono presentati pochissimi episodi, ed è difficile non promuoverli complessivamente. Kevin Smith ha costruito la sua personale "run fumettistica" applicata ad una serie cult, permettendosi varie libertà e chiudendo su un cliffhanger molto grosso.