Master of None (seconda stagione): la recensione

Dalle tazzine di caffè modenesi ai cocktail newyorkesi, Master of None rimane una piccola gemma: la recensione della seconda stagione della serie di Netflix

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Spoiler Alert
La televisione è un luna park, e Aziz Ansari è il bambino che vuole provare tutte le giostre. Chissà, forse è semplicemente un momento favorevole per un certo tipo di scrittura in tv, o magari il comedian americano è solo la persona giusta al momento giusto. Sta di fatto che questo approccio da un lato ragionato, ma dall'altro anche capace di grande freschezza è il punto di forza della seconda stagione di Master of None, arrivata su Netflix a due anni dalla prima. Lo show migliora sensibilmente quanto aveva fatto vedere nella prima annata, grazie ad una scrittura più sicura, in grado di giocare con le possibilità. Anche quando si cade in qualche stereotipo di troppo, soprattutto per noi italiani, è difficile non voler bene a questo show e al suo protagonista.

Ad esempio, il primo episodio. In molti lo troveranno respingente quanto fastidioso nel modo in cui restituisce un ritratto macchiettistico di una Italia in bianco e nero a metà tra la cartolina e il film neorealista. C'è un riferimento palese a Ladri di biciclette e una passerella di personaggi da commedia dell'assurdo. Questo è lo sguardo di Dev Shah sull'Italia, ma il punto è che è anche lo sguardo di Aziz Ansari sull'Italia. Noi possiamo vederlo da un punto di vista diverso, ed è praticamente impossibile staccare durante la visione i diversi piani, quello della storia che stiamo seguendo e quello del mood italiano che corre durante tutti i dieci episodi.

Eppure questo comedian ha un modo sempre garbato, leggero, divertente di porgere quelle che non sarebbe giusto definire tematiche, ma sfumature. Durante la prima stagione c'era il classico e sempre più presente tema dei trentenni, o giù di lì, confusi sul piano sentimentale e professionale, incerti su una maturità da afferrare o da allontanare ancora per un po'. Dev sembra passato oltre in questa stagione. La trasferta a Modena gli ha fatto bene, ha incontrato nuovi costumi, nuove persone, un nuovo modo di vivere la vita. Soprattutto ha incontrato Francesca (Alessandra Mastronardi), che poi ritroverà a New York e verso la quale sviluppa un certo sentimento. L'attrice, così come Riccardo Scamarcio, si integrano bene nel cast, per quanto i loro personaggi assumano un certo spessore solo nella volata finale.

Quindi dalla satira sociale alla commedia romantica? No, perché non si può ingabbiare in un genere così preciso la scrittura della serie. Certo, qualche elemento del genere ci sarà, come nella lunga e bella Amarsi un po' (in italiano anche in originale), forse miglior episodio della stagione. Ma in generale Master of None spazia con lo sguardo su altri personaggi, costruendo puntate che sono episodiche nel senso migliore del termine. Non è che la serie non sappia costruire una trama orizzontale, ma certe regole non hanno più senso. È un discorso che non vale solo per Master of None, ma, nel caso particolare, ci troviamo di fronte ad una stagione uscita a due anni dalla precedente, con episodi che variano dai 25 minuti all'ora circa, che si può permettere variazioni sulla struttura molto particolari.

Si passa dal neorealismo di The Thief alla sequenza di appuntamenti raccontati simultaneamente in First Date. E poi ancora con New York, I Love You, un'ispirata Rapsodia in blu urbana che si permette addirittura di giocare su una storyline senza sonoro, e Thanksgiving, che lavora sull'evoluzione di un rapporto tra madre e figlia raccontato attraverso gli anni. Quindi Master of None procede così, con questa alternanza tra puntate speciali e puntate normali, in cui viene costruito il rapporto tra Dev e Francesca.

Dalle tazzine di caffè modenesi ai cocktail newyorkesi, Master of None rimane una piccola gemma.

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