Mass Effect: Andromeda, quando il fantasy incontra la fantascienza - Recensione
Un viaggio alla riscoperta delle origini della saga: la recensione di Mass Effect: Andromeda
Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".
Decine e decine ore di gioco dopo, riguardando a quell’istantanea, così alienante e straniante, così lontana dalle aspettative di chi aveva sconfitto i Razziatori (o forse no?) al fianco del Comandante Shepard, ci si accorge che tutto ciò che il gioco voleva e vuole essere è proprio lì, contenuto, compresso ed esplicitato in un’immagine che simbolicamente fonde fantascienza e fantasy, tecnologia e magia, passato e futuro della saga stessa.
Lo dice il titolo stesso, del resto: Andromeda, non Via Lattea. Non fosse stato già abbastanza complicato immaginare e creare un futuro credibile e coerente con il capitolo originario, Bioware ha voluto strafare, reinventando (quasi) tutto da capo, stravolgendo regole scritte e non, rimaneggiando e “remixando” gli stilemi artistici e concettuali su cui si fondava lo spazio condiviso da Umani, Salarian, Turian, Asari e compagnia bella.
Il character design non aiuta di certo a superare l’imbarazzo iniziale. Anonimi, nei migliori dei casi, quasi inguardabili, nei peggiori, i protagonisti abbozzano pochissime espressioni facciali e in nessun caso esibiscono personalità e carattere dall’aspetto.
"Sono tante le storture che fanno crollare il valore oggettivo dell’opera, ma in nessun modo riescono a scalfirne l’inspiegabile fascino, a deturparne il carattere così atipico, a mortificare le ambizioni di un epopea gigantesca e sconfinata, pur rinunciando, fortunatamente, a metterci di fronte all’ennesima fine del mondo."Le numerose incertezze del motore grafico, completano il pacchetto. Tra pop-up, bug di ogni tipo e animazioni al limite del ridicolo, che hanno già fatto il giro del web sotto forma di decine di meme più o meno impietosi, è innegabile che l’aspetto estetico sia quello più controverso e indifendibile del gioco, salvato dal baratro, in extremis, solo da un frame-rate non impeccabile ma comunque degno e, ovviamente, da un art design che, se si esclude il già criticato character design al di sotto di ogni aspettativa, sa essere stupefacente, ammaliante, persino ipnotico in certi panorami alieni particolarmente ispirati.
A conti fatti, sono tante le storture che fanno crollare il valore oggettivo dell’opera, ma in nessun modo riescono a scalfirne l’inspiegabile fascino, a deturparne il carattere così atipico, a mortificare le ambizioni di un epopea gigantesca e sconfinata, pur rinunciando, fortunatamente, a metterci di fronte all’ennesima fine del mondo.
Non che un certo mondo non sia sul rischio di finire, beninteso. Andromeda doveva essere un grande inizio, ma rischia di essere il capolinea per i migliaia di pionieri che hanno accettato la scommessa dell’Iniziativa, determinati a conquistarsi il proprio angolo di paradiso salendo a bordo di vere e proprie arche intergalattiche in cui hanno dormito per seicento anni. Lo stacco, temporale e spaziale, è abissale, perfettamente incarnato in un gioco che vuole essere diverso in ogni ambito rispetto ai capitoli precedenti.
Il cupo pessimismo di una Galassia sul punto di essere stravolta dall’arrivo dei Razziatori, è stato sostituito dalla speranza del Pioniere, protagonista assoluto dell’avventura, unica risorsa per una colonia orbitante allo sbando, ma tutt’altro che spacciata. Le sinistre implicazioni morali legate alla Genofagia e alla rivolta dei Geth, solo per dirne un paio, riecheggiano sommessamente a milioni di anni luce di distanza, sostituite dal desiderio di rinascita e riscatto personale dei tanti che hanno intrapreso il lungo viaggio.
Dopo un inizio claudicante, la sceneggiatura si riprende alla grande, mettendo in scena protagonisti sfaccettati, intriganti, animati da precise aspirazioni. Il plot si ravviva di continui colpi di scena, non lesinando sull’eroismo dei soldati chiamati in causa, pur mancando una minaccia ingombrante e annichilente come lo erano stati i Razziatori. La conclusione, inoltre, è efficacissima nel chiudere, con maestria ed equilibrio, ogni questione in sospeso, pur lasciando intravedere un inevitabile sequel.
[caption id="attachment_170498" align="aligncenter" width="600"] Il jetpack ha permesso agli sviluppatori di creare ambientazioni che si sviluppassero anche in verticale, oltre che di rendere ogni battaglia ancora più intensa.[/caption]
Più di ogni altra cosa, le tante scelte morali, le numerose risposte che potrete fornire ai compagni d’armi e non, influenzano realmente il rapporto tra i personaggi, nonché il proseguo della trama, dandovi la sensazione di avere un peso, un ruolo determinante nel destino del protagonista e di chi gli sta intorno. Da questo punto di vista, insomma, il passo in avanti, rispetto alla trilogia originale, è evidente.
Non è tutto, fortunatamente, visto che anche il gameplay ha beneficiato dell’esperienza accumulata negli anni dal team. Evidentemente meno appesantiti dalle asfissianti scadenze che hanno in buona sostanza rovinato Mass Effect 3, Bioware ha scandagliato le origini della saga, recuperando alcuni ingredienti che resero tanto unico e speciale il capostipite.
L’esplorazione del cluster in cui è ambientata l’avventura, tanto per cominciare, rappresenta una summa dei primi due episodi. Le sonde scovano le materie prime, scendendo sulla superficie, di una manciata di pianeti ideati appositamente, a piedi e a bordo di un mezzo corazzato si incappa in decine di missioni secondarie, ripetitive sul lungo periodo, ma comunque meritevoli, non fosse altro perché immergono il videogiocatore in scenari sempre suggestivi, che restituiscono il pathos dell’esplorazione extra-terrestre.
Anche quando ci si scontra contro le forze ostili, si sente il lontano richiamo del primissimo Mass Effect. Le armi sono nuovamente alimentate da proiettili e cartucce, ma la struttura ruolistica influenza come mai ogni battaglia. L’equipaggiamento, al pari delle abilità speciali sfoderate dall’avatar e dai compagni controllati dalla CPU, fanno la differenza. Mira allenata e riflessi pronti sono fondamentali, soprattutto ai livelli di difficoltà maggiore, ma senza una strategia ben precisa, senza i giusti comandi impartiti agli alleati, si fa ben poca strada, sopraffatti dall’inferiorità numerica in cui verserete costantemente.
Il gunplay poggia su un sistema di coperture dinamico, per quanto non impeccabile, e di attacchi speciali attivabili, come colpi stordenti e poteri biotici di ogni tipo, che rendono unico e dinamico ogni alterco. La struttura vagamente open-world ha naturalmente delle ripercussioni negative sul level design, non all’altezza di altri sparatutto in terza persona recenti, ma il gioco recupera terreno grazie ad una buona varietà di nemici da affrontare e ad un arsenale sconfinato, ulteriormente espandibile concentrando i propri sforzi nella raccolta di risorse e progetti che costituiscono la linfa vitale dell’ottimo sistema di crafting, profondo al punto giusto, che costituisce l’ennesima branca del gioco.
A questo proposito, completata l’avventura in singolo, Mass Effect: Andromeda non lesina nemmeno su un multiplayer cooperativo che eredita le meccaniche da quello già apprezzato in Mass Effect 3. Selezionando il proprio personaggio tra quelli disponibili nell’elenco, scelte le abilità speciali e l’equipaggiamento, si tratterà di sopravvivere, insieme ad altri tre alleati, ad una serie di orde nemiche, completando, nel frattempo, alcuni obiettivi contestuali che cambiano di livello in livello. Rispetto al passato, grazie all’introduzione del jetpack e degli scatti laterali, il gameplay risulta più vario, forsennato, coinvolgente anche grazie ad arene che si sviluppano maggiormente in verticale. Il risultato è una gustosissima modalità riempitiva, che non mancherà di divertire a lungo gli appassionati del multiplayer.
[caption id="attachment_170497" align="aligncenter" width="600"] I fratelli Rayder, nuovi protagonisti del gioco, caratterialmente tengono testa al Comandante Shepard. Lo stesso non può assolutamente dirsi del loro aspetto purtroppo.[/caption]
Nonostante Mass Effect: Andromeda parli di un lunghissimo viaggio nello spazio, quello compiuto da Bioware, in tutto e per tuto, ha le sembianze di un salto nel passato, alla riscoperta delle antiche suggestioni che resero indimenticabile il primissimo episodio del brand. Il risultato è un fantasy sci-fi, un meraviglioso e sublime incontro e scontro di due generi fondamentalmente legati e indissolubilmente connessi tra loro. I difetti ci sono e sono anche tanti, ma non bastano ad offuscare le meraviglie di un’epopea che mette in scena una trama avvincente e un gameplay che migliora in ogni ambito quello proposto nelle iterazioni passate.
Mass Effect: Andromeda, come ogni grande gioco, non mancherà di far parlare a lungo di sé. Gli aspetti negativi indispettiranno una folta schiera di fan, delusa soprattutto di avere a che fare con un comparto grafico tutt’altro che “next-gen”, ma mentre esplorerete le lande desolate di qualche pianeta alieno, mentre vi divertirete a ridurre in poltiglia i tanti nemici che vi fronteggeranno, vi ricorderete perché vi siete follemente innamorati di questa saga, avrete finalmente la spiegazione di quali furono gli ingredienti che resero così gustoso il primo viaggio tra le stelle al fianco del Comandante Shepard. Il che, non sarà un nuovo grande inizio, ma è certamente un modo estremamente affascinante ed efficace di ricominciare.