Maschile singolare, la recensione

Nonostante i pregi di un certo realismo, Maschile singolare non riesce a comunicare il peso e l’importanza di ciò che viene raccontato

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C’è troppa poca solidità nel modo in cui Maschile singolare, film di educazione sentimentale/coming of age diretto da Matteo Pilati e Alessandro Guida, racconta una storia di crescita in bilico tra passioni - quella per la pasticceria - e relazioni. Sebbene infatti le tappe del film sentimentale ci siano tutte, tra errori iniziali, ripensamenti e prese di coscienza (e siano tutte abbastanza verosimili), il ricercato realismo si adagia nel lungo termine in un’andamento narrativo svogliato, ripetitivo. Non mettendo abbastanza a fuoco conflitti e decisioni e non approfondendo mai davvero l’interiorità del suo protagonista (né, un minimo, quella dei comprimari), Maschile singolare non riesce allora a comunicare quale sia il valore delle sue scelte, quali siano il peso e l’importanza di ciò che viene raccontato.

Scritto da Giuseppe Paternò Raddusa insieme ai due registi, Maschile singolare è la storia di Antonio (Giancarlo Commare), un ragazzo che dopo una storia di dodici anni viene lasciato da suo marito Lorenzo. Abituato a fare “da spalla”, dopo la rottura Antonio si ritrova perso, senza un lavoro, costretto a imparare a cavarsela. Su suggerimento del suo nuovo ed eccentrico coinquilino Denis (Eduardo Valdarnini), Antonio comincia a lavorare in un panificio dove, oltre all’altalenante relazione con Luca (Gianmarco Saurino), Antonio comincia a prendere seriamente la sua vocazione per la pasticceria.

La crescita di Antonio, la sua consapevolezza come individuo autonomo e non più solo come partner di qualcun altro, viene seppellita dallo stancante susseguirsi di sequenze che parlano delle sue storie occasionali per buona parte del film per poi essere affermata, nel finale, attraverso dialoghi rivelatori. Paradossalmente, di pasticceria se ne vede pochissima: sebbene sia effettivamente la strada di redenzione scelta da chi racconta per mettere in scena il cambiamento di Antonio, essa viene relegata a linea secondaria del film. Un elemento che ogni tanto ritorna ma che sembra non essere davvero importante per Antonio quanto lo sono le relazioni sentimentali e con i suoi amici. Questi ultimi occupano l’ottanta per cento del film ma, a loro volta, sono più abbozzati che delineati: dalla migliore amica (Michela Giraud) che sembra trattarlo con sufficienza più che con amore, a Luca che non è mai chiaro in che termini di rapporto sia con il protagonista, mentre Denis diventa narrativamente strumentale solo verso la fine.

La regia di Pilati e Guida non bada granché agli spazi, alla relazione del personaggio con i luoghi, né cerca di raccontare la storia tramite immagini evocative: tutto è rivolto all’attore e ad avere una narrazione il più pulita possibile. In questo il film riesce in modo lucido e chiaro, fa una scelta di campo e rimane sempre nei limiti degli eventi rinunciando a lavorare di creatività più “visibile”. Essendo il sonoro abbastanza problematico (a volte si perdono parole lungo i dialoghi) e la fotografia volta al mero realismo, l’attenzione si concentra principalmente sulle interpretazioni che,   nonostante i limiti della sceneggiatura, convincono quasi tutte, Giancarlo Commare in primis. Soprattutto, è molto apprezzabile la scelta di lasciare agli attori i loro accenti naturali, un altro tassello che va ad aggiungersi dalla parte della ricercata naturalezza.

Alla fine dei conti, tuttavia, la carenza della scrittura di Maschile singolare risulta troppo grave e i pregi del realismo non sufficienti a coprire gli errori di un film che, sebbene ci provi, non riesce a comunicare il suo messaggio di rinascita e positività in modo convincente.

Cosa ne dite della nostra recensione di Maschile singolare? Scrivetelo nei commenti dopo aver visto il film!

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