Marvel: Legacy #1, la recensione
Abbiamo recensito per voi Marvel: Legacy #1, di Jason Aaron ed Esad Ribic
Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.
Per prima cosa, la lettura di questo albo firmato da Jason Aaron ed Esad Ribic, affiancati da una serie di altre star dell'arte di disegnar fumetti, è decisamente piacevole. Secondo: si tratta appunto di un albo singolo e non di una vera e propria storia, e questo va ammesso con onestà. Terzo: è firmato da Jason Aaron, ma potete star certi che non è frutto solo del suo ingegno narrativo, perché non è il regista di un film a montare e dirigere il proprio trailer, giusto? Bensì, la produzione. Qui dentro c'è quel che la Marvel ha deciso, ciò di cui ha bisogno. Aaron è l'abilissimo direttore di un progetto che lo precede, con relativa libertà di inventare e di prendere direzioni.
Poi... vediamo. Star Brand e Ghost Rider che si accapigliano in Sudafrica, uno consapevole e l'altro no del perché e della connessione tra le loro esistenze e gli eventi accaduti nella preistoria. C'è qualcosa che riguarda Hulk e gli Ultimates, c'è una profezia di disfatta che aleggia su Asgard, c'è un intero pianeta che somiglia al Wakanda, c'è Norman Osborn in cerca disperata di fonti di potere, c'è Loki in cerca disperata di fonti di potere (siamo certi lo siano con scopi non conformi), ci sono due Fantastici Quattro che dialogano di memoria sulla Terra. Forse ce ne sono altri due, altrove, anch'essi con qualcosa da dire. Ci sono archeologi imprudenti, seguiti da dei asgardiani altrettanto sprezzanti del pericolo e, con ogni probabilità, altrettanto impreparati ad affrontarlo. Ci sono mutanti che ci sono tanto mancati che compiono azioni di cui capiremo il senso solo tra parecchio tempo.
Ci sono tanti momenti di sobbalzo, ci sono un sacco di immagini che ci lasciano con l'acquolina in bocca come non accadeva da un sacco di tempo, ci sono scazzottate ben congegnate, ci sono singoli istanti chiaramente significativi. Ma non c'è una vera storia. C'è solo la promessa di una storia. Una promessa seducente, terribilmente ben disegnata, ma multipla, dispari, troppo plurale per farci delle coordinate precise qui e ora, per essere recensita con qualcosa che sia più di una sospensione di giudizio, un bravi ma non basta. Non ci basta sbirciare gli Avengers ancestrali e il loro nemico; non ci basta sapere che c'è qualcosa, da allora, sepolto in attesa di tornare a sconvolgere il mondo; non ci bastano nemmeno le sorprese graditissime che ci avete messo davanti agli occhi, soprattutto se piovono dal cielo senza preavviso e non fanno altro che sfiorarci per un attimo fuggevole.
Siamo contenti lo stesso? Certo! Proprio come ogni bambino a cui i genitori hanno appena promesso un sacco di giocattoli nuovi e bellissimi, che hanno potuto vedere, toccare per un attimo, con l'assicurazione di averli presto tutti per loro. Ma, come ogni bambino, abbiamo la memoria lunga. Se ci chiedete se sia stato bello giocare con tutti quei balocchi, per tre secondi e due decimi l'uno, non è detto che non vi mandiamo a quel paese. Quindi ora avete un sacco di grosse promesse da mantenere. Complimenti per il coraggio, per ora, ma per conquistarci servirà un impegno all'altezza.
Quindi cos'è, Marvel: Legacy #1? Soprattutto, è la Casa delle Idee che mette l'asticella delle aspettative parecchio in alto, è l'inizio della fine dell'Universo Marvel come posto sulla scacchiera da Secret Wars, è un passo che, se non si rivelerà più lungo della gamba, potrebbe davvero andare in una direzione entusiasmante. Ce lo auguriamo profondamente.