Maria Regina di Scozia, la recensione
Scritto dalla penna di House Of Cards, Maria Regina di Scozia è uno dei migliori film storici di questi anni
Ambienti spogli, palazzi reali che sembrano grotte, molta mestizia dentro e fuori le mura, illuminazione a candele (ma non è tutto illuminato con sole luci naturali) e niente di quello splendore che una volta era associato alle corti medievali al cinema. Il film storico britannico recente ha ribassato ogni epica e racconta il passato del Regno Unito nel fango e nelle nuvole. Gli ambienti sono ora una componente determinante nel raccontare la brutalità e la cattiveria di un’era in cui sembra che niente di buono sia accaduto.
Ad adattare il libro John Guy sulla vita di Maria Stuarda è Beau Willimon, la penna dietro House Of Cards, che trasforma quello che poteva essere il consueto polpettone storico in un ritratto di donna eccezionale, determinato, molto duro come esige il ruolo eppure morbidissimo dentro.
Al contrario Elisabetta, la regina rivale e a un certo punto amica (se non proprio sorella), rinnega la sua femminilità. La contrapposizione tra le due è chiara: Maria è un modello che abbraccia essere donna e avere il potere, Elisabetta uno dentro il quale ribolle la femminilità e che sceglie di annullarla per regnare. È una questione politica, come insegna la serie The Crown scritta da Peter Morgan che Willimon sembra aver visto e digerito: per essere un vero monarca occorre annullare se stessi e diventare il proprio ruolo, non essere donne ma essere lo stato.
Per questo Elisabetta subisce una trasformazione fisica dall’inizio alla fine del film, muta effettivamente, perdendo bellezza e connotati di umanità, diventerà una regina, un simbolo, mentre Maria rimarrà un essere umano. E questo è solo uno dei molti esempi del fatto che in Maria Regina di Scozia finalmente possiamo dire che la grande scrittura delle serie tv ha incontrato anche la regia di qualcuno capace di creare un impianto visivo al medesimo livello.