March - La trilogia, la recensione

Abbiamo recensito per voi March - La trilogia, opera di John Lewis, Andrew Aydin e Nate Powell

Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.


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Leggere March fa male, in alcuni momenti. Questo poderoso volume è tanto prezioso quanto ruvido. Gli abbiamo voluto bene anche per questo. Se non sapete cosa sia March, sappiate che si tratta di un fumetto, premiato con un premio Eisner, scritto da John Lewis, uno dei più rispettati deputati della Camera dei Rappresentati americana. Nonché una delle fondamentali voci della coscienza nera d'America, un protagonista importante delle proteste degli anni Sessanta, per i diritti civili degli afroamericani. Ha raccontato la sua storia in questa graphic novel giustamente celebrata, assieme allo scrittore Andrew Aydin e al disegnatore Nate Powell. Il risultato è una lettura che vorremmo consigliare a tutti. Tutti quelli che hanno il coraggio e la coscienza di affrontarla, perlomeno.

March è a tutti gli effetti un'autobiografia di Lewis. Racconta in retrospettiva il percorso che lo ha portato a diventare un politico di rilevanza nazionale, considerato da molti un vero e proprio eroe americano. Per riuscirci, ha dovuto affrontare la parte forse peggiore di quell'America così lontana e così vicina: ha dovuto passare attraverso la gogna dell'odio razziale, un tempo la norma in certe aree della nazione. Si respira l'aria umida e calda del sud, in questo libro. Dell'Alabama degli scontri di Birmingham, della Georgia, degli stati sotto lalinea Mason-Dixon, demarcazione storica dei territori in cui negli Stati Uniti vigeva la schiavitù, rispetto a quelli del Nord-Est, che la abolì con largo anticipo. In quelle zone sarebbe poi stata sostituita dalla segregazione. Si respira un'aria che negli anni Cinquanta e Sessanta era pesantissima, se la tua pelle o il tuo orientamento politico non erano del colore giusto.

Non vogliamo raccontarvi qui la storia. Ci piace pensare che la conosciate già, almeno a grandi linee. Si tratta di una storia di proteste, di difficoltà, di violenze subite. Di segregazione e di iniquità da parte del potere, dello Stato, della "razza bianca", di una parte importante delle forze dell'ordine. Aydin e Powell la raccontano nel dettaglio, attraverso gli occhi di Lewis, di un uomo che ha affrontato quel gigantesco avversario che è il razzismo di certi Stati Uniti ed è sopravvissuto alla lotta. Ci piacerebbe dire che lo ha sconfitto, abbattuto, ricacciato nel Medio Evo culturale cui appartiene con vergogna, ma non è così. Gli autori lo sanno bene e non ci raccontano frottole, mostrandoci le persistenti criticità di una Nazione che pure ha eletto un Presidente afroamericano, ma in cui oggi si sentono gridare voci di un passato che solo gli ingenui credevano dimenticato.

Barack Obama compare nella storia. Altrettanto fa Martin Luther King. Lewis è deputato oggi ed era uomo importante del movimento non violento che tenne alta la bandiera dell'uguaglianza e della parità di diritti. Pertanto è normale incontrare, lungo il percorso della sua vita, personalità che hanno segnato gli eventi del passato e del presente. Ma non sono certamente loro i veri protagonisti di March, che piuttosto racconta, con il coraggio di chi ha affrontato il pregiudizio e l'odio, soprattutto la gente comune. Sono gli attivisti, i cittadini responsabili e di cuore, che hanno lottato per i propri diritti e quelli altrui perché un uomo fosse considerato - semplicemente - un uomo, e una donna una donna, ad essere al centro di questa vicenda.

Le marce, le proteste non violente, l'addestramento ad amare chi ti odia e ti minaccia, il sacrificio ne sono i temi illustrati con asciuttezza ed efficacia dalle matite di Powell; sono state soprattutto loro a farci male. Come sempre, il Fumetto è prima immagine e solo in un secondo momento testo. L'artista coglie con grande precisione l'umanità degli eventi raccontati in March e ce la sbatte in faccia senza troppi compromessi. C'è, per forza di cose, tanta violenza, in questo volume. Non è mai esibita e messa in vetrina, mai spettacolarizzata. Ma nemmeno enfatizzata. Non c'è nessun tentativo di renderla più di quel che è con la regia delle immagini o il dettaglio. Powell non solo evita di scendere nel dettaglio impressionante, ma anche di sottolineare per scuoterci. E, in questo modo, paradossalmente, aumenta l'effetto su di noi durante la lettura. Sembra quasi che le sue matite asciutte, molto concentrate sui personaggi e sulla chiarezza narrativa, ci suggeriscano e ricordino in continuazione una verità inaccettabile: non serve stringere l'inquadratura, per colpire con la violenza. In questa marcia verso la libertà, ininterrotta ancora oggi, ce n'è talmente tanta che fa impressione solo a guardarla per quel che è.

Come l'odio verso il diverso, come l'orrore di fronte alla legge che si piega allo stato delle cose, come l'ipocrisia del bravo cittadino. C'è una piccola madre con bambino, in una delle scene più dolorose di March. Non è in primo piano, è appena discosta dalla folla. Non la noteremmo nemmeno, fra gli altri personaggi di quella sequenza, se non ci fosse indicata da un balloon. Dice "Dagli ai negri". E questa immagine fra le tante, dettaglio di una vignetta di grandi dimensioni, è un po' la cifra stilistica del volume. Fotografa, onesta e senza eccessi, di quel che è stato. Le vittorie e le sconfitte, il sangue e il sudore, le speranze e le disillusioni. Una narrazione mai distaccata, sempre controllata. Come un attivista non violento, non reagisce alle brutture del mondo con aggressività, con le urla, con l'esibizionismo. E così facendo, diventa un'opera imperdibile e appassionante.

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