March - La trilogia, la recensione
Abbiamo recensito per voi March - La trilogia, opera di John Lewis, Andrew Aydin e Nate Powell
Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.
March è a tutti gli effetti un'autobiografia di Lewis. Racconta in retrospettiva il percorso che lo ha portato a diventare un politico di rilevanza nazionale, considerato da molti un vero e proprio eroe americano. Per riuscirci, ha dovuto affrontare la parte forse peggiore di quell'America così lontana e così vicina: ha dovuto passare attraverso la gogna dell'odio razziale, un tempo la norma in certe aree della nazione. Si respira l'aria umida e calda del sud, in questo libro. Dell'Alabama degli scontri di Birmingham, della Georgia, degli stati sotto lalinea Mason-Dixon, demarcazione storica dei territori in cui negli Stati Uniti vigeva la schiavitù, rispetto a quelli del Nord-Est, che la abolì con largo anticipo. In quelle zone sarebbe poi stata sostituita dalla segregazione. Si respira un'aria che negli anni Cinquanta e Sessanta era pesantissima, se la tua pelle o il tuo orientamento politico non erano del colore giusto.
Barack Obama compare nella storia. Altrettanto fa Martin Luther King. Lewis è deputato oggi ed era uomo importante del movimento non violento che tenne alta la bandiera dell'uguaglianza e della parità di diritti. Pertanto è normale incontrare, lungo il percorso della sua vita, personalità che hanno segnato gli eventi del passato e del presente. Ma non sono certamente loro i veri protagonisti di March, che piuttosto racconta, con il coraggio di chi ha affrontato il pregiudizio e l'odio, soprattutto la gente comune. Sono gli attivisti, i cittadini responsabili e di cuore, che hanno lottato per i propri diritti e quelli altrui perché un uomo fosse considerato - semplicemente - un uomo, e una donna una donna, ad essere al centro di questa vicenda.
Come l'odio verso il diverso, come l'orrore di fronte alla legge che si piega allo stato delle cose, come l'ipocrisia del bravo cittadino. C'è una piccola madre con bambino, in una delle scene più dolorose di March. Non è in primo piano, è appena discosta dalla folla. Non la noteremmo nemmeno, fra gli altri personaggi di quella sequenza, se non ci fosse indicata da un balloon. Dice "Dagli ai negri". E questa immagine fra le tante, dettaglio di una vignetta di grandi dimensioni, è un po' la cifra stilistica del volume. Fotografa, onesta e senza eccessi, di quel che è stato. Le vittorie e le sconfitte, il sangue e il sudore, le speranze e le disillusioni. Una narrazione mai distaccata, sempre controllata. Come un attivista non violento, non reagisce alle brutture del mondo con aggressività, con le urla, con l'esibizionismo. E così facendo, diventa un'opera imperdibile e appassionante.