Marcello mio, la recensione | Cannes 77
Alla ricerca di suo padre, Chiara Mastroianni diventa come lui in Marcello mio, commedia francese che sembra quasi italiana
La recensione di Marcello mio, il film di Christophe Honoré con Chiara Mastroianni e Catherine Deneuve presentato in concorso al Festival di Cannes
Si veste come il padre in 8 e mezzo e poi si trucca come il barone Fefè di Divorzio all’italiana e parla italiano. Non è più Chiara ma Marcello e come tale vuole essere trattata quando gira per Parigi, conosce persone e a un certo punto viene anche invitata in una trasmissione televisiva in Italia. La madre e le persone intorno a lei non prendono bene la cosa. Come si capisce questo è lo spunto di una commedia, e questo è Marcello mio: una commedia molto leggera, che celebra l’eredità di Mastroianni e ne rilancia in un certo senso il mito, l’icona e l’immagine più potenti di ogni cosa (Chiara entra in scena in una fontana a Parigi e finirà in quella di Trevi).
Marcello mio preferisce creare un’avventura italiana (a Formia) per Chiara Mastroianni, la madre e alcuni amici, aderendo più a uno schema da commedia italiana contemporanea, che a quello di una francese (ci sono anche i classici del nostro repertorio: la partitella in spiaggia e il bagno in mare tutti insieme).
Solo Fabrice Luchini sembra pensare il film diversamente. Lui è l’unico personaggio che crede totalmente alla trasformazione, la accetta e ne è esaltatissimo (con effetti comici). Rifiuta il pensiero cartesiano (come dice lui) e la dittatura del realismo, aprendo la porta a un’altra idea su tutta la faccenda. Peccato che la cosa poi non levi e non metta molto in un film in cui, a un certo punto, si ha l’impressione che se non ci fosse stato di mezzo Mastroianni, se fosse stata la storia di una figlia uguale a un padre ingombrante che faceva il suo stesso lavoro, non sarebbe cambiato granché.