Manifest Destiny vol. 1: Flora e Fauna, la recensione

Manifest Destiny è una della migliori alternative ai fumetti supereroistici d'oltreoceano, sicuramente tra le più fresche e interessanti degli ultimi anni

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Robert Kirkman non dimostra solo di essere un grande sceneggiatore e un inimitabile soggettista; con Skybound, la sua personalissima etichetta Image Comics, dà prova del suo fiuto come scopritore di talenti, fornendo la possibilità ad autori esordienti o emergenti di mettere in mostra il proprio valore e le proprie creazioni. Come Manifest Destiny di Chris Dingess e Matthew Roberts, l'ultimo titolo Skybound che saldaPress ha portato in Italia.

Questo fumetto potrebbe esser definito un graphic novel storico, o meglio epico. Trae spunto da due personaggi reali, gli esploratori William Clark e Meriwether Lewis, e dal loro viaggio di pionieri della frontiera, due eroi americani di quell'epopea che diedero vita a un viaggio che entrò nella leggenda. Di quest'ultima se ne sono appropriati gli autori per trasformarla in mito, per tramutare un avvenimento passato in racconto fantastico. Siamo agli albori della conquista del West, all'inizio del XIX secolo. L'Ovest nordamericano è ancora un mondo sconosciuto, le cui colonne d'Ercole sono rappresentate dall'immenso fiume Mississippi. Il “Destino Manifesto” esprime la profonda convinzione della giovane federazione di essere votata inevitabilmente all'espansione, depositaria di una missione conferitole dalla Storia, quella di diffondere la civiltà e la democrazia. Il progetto di Dingess e Roberts coglie questo concetto che nel bene e nel male rimarrà impresso indelebilmente nelle vicende future del popolo statunitense come un trampolino ispiratore della sua rivisitazione in chiave spiccatamente romanzesca.

I misteri e le insidie ignote che attendono Clark e Lewis al di là delle terre civilizzate, si trasformano in mostri mitologici, minacce sovrumane. Esseri favolosi, virus sconvolgenti che trasformano animali e uomini in zombie vegetali, sono solo il piatto forte di una serie che riserva sorprese una pagina dopo l'altra. Impossibile catturare Manifest Destiny in un genere preciso. È avventura, horror, fantasy in un'unica soluziobe. La vicenda esposta in prima persona da Lewis nel suo diario, conferisce un elemento di realismo che esalta per contrasto quello immaginifico.

A spiegare un successo indiscutibile in patria, stanno una continuità qualitativa di episodi che solo le grandi testate possono vantare e un impianto narrativo e artistico di assoluto livello. La sceneggiatura di Dingess che mette a frutto i suoi lavori passati per la TV, offre un dinamismo e un ritmo che non hanno pause, una sequenzialità degna della macchina da presa. I disegni di Roberts sono in perfetta sintonia con il soggetto, una commistione di verismo e illustrazione fiabesca che si esterna in uno stile ben definito. La caratterizzazione dei personaggi è naturale, sanguigna, il tratto è il risultato di diverse influenze che si rispecchiano e sono riflesse a loro volta nello schema della tavola. All'esuberanza americana delle splash-page e della libertà di vincoli geometrici si avvicenda la razionalità e la geometria europea delle vignette. Ottima si segnala anche la prova del colorista Owen Gieni, che incrementa il potere suggestivo delle rappresentazioni di Roberts ed entra a pieno titolo nei meriti di un'opera che insieme a Saga, è una della novità alternative ai fumetti supereroistici d'oltreoceano, tra le più fresche e interessanti di questi ultimi anni.

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