Maneater, poco National Geographic, molto Sharknado | Recensione

Non c’è chissà quale idea innovativa a monte, né un aspetto in particolare in cui Maneater brilli particolarmente, eppure è difficile staccarsi dal pad

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Maneater, poco National Geographic, molto Sharknado | Recensione

Chi ha avuto la fortuna di giocare a Deadly Creatures, piccolo capolavoro imperfetto per Nintendo Wii, approcciandosi a Maneater noterà l’utilizzo di un espediente narrativo simile per introdurre, giustificare e narrare le gesta di un cucciolo di squalo che, a furia di ingurgitare tutto ciò che gli capita a tiro, si tramuterà in un bestione di una decina di metri di lunghezza, pronto a prendersi una vendetta anelata per una vita intera.

A dare forma ai pensieri della creatura marina di cui vestirete i panni, in questo open world tutto esplorazione e carneficine, ci penserà il reality show che, puntata dopo puntata, inscenerà il dramma familiare di Scaly Pete, cresciuto all’ombra del padre e con un figlio che ritiene indegno di mandare avanti l’azienda, cacciatore di squali reo di aver ucciso la madre del protagonista.

A ogni cut-scene, che corrisponde al raggiungimento di una nuova area che compone la mappa di ragguardevoli dimensioni che fa da sfondo all’avventura, il buon Scaly Pete si avvicinerà di un passo all’inesorabile epilogo, tanto più vicino, quanto più lo squalo assumerà dimensioni e forme sovrannaturali.

[caption id="attachment_212353" align="aligncenter" width="1000"] Per ottenere specifici potenziamenti dovrete abbattere dei cacciatori di squali particolarmente abili, che si paleseranno nell’ambientazione dopo aver mietuto un certo numero di vittime umane[/caption]

Maneater non è una puntata interattiva del National Geographic. Le ambientazioni sono verosimili, certo, anche la fauna che abita i vari habitat rispetta, a grandi linee, gli ecosistemi reali. Tuttavia, alla ricerca della più che dovuta vendetta, vi capiterà di poter equipaggiare una dentatura che rilascia scariche elettriche, pinne taglienti come lame di rasoi, sonar che vi aiuteranno a scovare i moltissimi segreti sparsi per le ambientazioni.

Il titolo realizzato da Blindside Interactive, come anticipato, è un open-world che lascia ampia libertà decisionale all’utente. Ci sono naturalmente punti d’interesse che attivano scontri con pescatori, o che fanno apparire imbarcazioni che andranno distrutte. Altri che segnalano la presenza di pericolosi predatori marini desiderosi di mantenere il controllo del territorio. In generale, tuttavia, passerete buona parte del tempo a cercare casse di potenziamento, pesci con cui riempire la pancia, collezionabili di ogni tipo, grotte in cui rintanarvi per evolvervi.

La struttura ruolistica, per quanto non così ramificata e limitata a poche parti del corpo potenziabili, imprime una piacevole progressione che giustifica, tra l’altro, i continui combattimenti a cui dovrete sottoporvi contro umani o altri pesci.

Tra morsi, schivate e morsi, sulla carta ogni battaglia rappresenta un momento particolarmente emozionate ed adrenalinico, soprattutto quando ci si ritrova circondati da una flotta di imbarcazioni stipate di soldati armati fino ai denti. Purtroppo nella pratica proprio in queste fasi viene a galla il più grosso difetto di Maneater. Il sistema di controllo non è particolarmente preciso, né il combat system così profondo da impedire al button mashing di diventare una tecnica a cui affidarsi nei momenti più complessi e caotici.

Soprattutto equipaggiando un paio di potenziamenti particolarmente efficaci, ottenibili già dopo poche ore di avventura, il pesce si tramuta in una macchina da guerra fondamentalmente irrefrenabile, se non in casi circoscritti.

Ciò che è peggio, spesso e volentieri dovrete compiere brevi escursioni sulla terra ferma, vuoi per fagocitare qualche umano, vuoi per raggiungere qualche collezionabile. La meccanica che vi consentirà di spiccare notevoli balzi fuori dall’acqua, e di raggiungere così la piattaforma desiderata, è complessa, inutilmente contorta.

[caption id="attachment_212354" align="aligncenter" width="1000"] Purtroppo, nonostante la presenza di numerose specie di animali, nessuno di loro impone particolari strategie per essere abbattuti più facilmente. Bisogna sempre schivare al momento opportuno e contrattaccare.[/caption]

Fortunatamente, la frustrazione esperita in questi momenti, è superata dal divertimento che sa elargire Maneater grazie al ritmo sostenuto dell’azione, ai suggestivi panorami marini che dipinge, alla smania di vedere crescere in dimensioni lo squalo.

Non c’è chissà quale idea innovativa a monte, né c’è un aspetto in particolare in cui il gioco brilla particolarmente. Eppure è difficile staccarsi dal pad, soprattutto se si soffre un certo fascino per l’oceano e per i videogiochi ambientati sott’acqua.

Maneater non scaverà un solco profondo nella vostra memoria, ma di sicuro non vi annoierà mai nelle oltre venti ore necessarie per completarlo.

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