Mancino naturale, la recensione

Il calcio come cornice per raccontare intensi rapporti umani. La storia di Mancino naturale, seppur non originale, è credibile e sentita. La recensione

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La recensione di Mancino naturale, al cinema dal 31 marzo

Ancora una volta, come nel recente Il campione, in un film italiano l’universo calcistico è il contesto in cui raccontare, più che la dimensione sportiva, intensi e inaspettati rapporti umani. Mancino naturale, esordio alla regia di Salvatore Allocca, si concentra su quello tra Isabella, madre rimasta vedova (Claudia Gerini) e il figlio dodicenne Paolo, che cresce da sola e fa allenare duramente con l'obiettivo di farlo diventare un astro nascente del pallone, sfruttando il suo notevole sinistro. Per aprirgli le porte del calcio professionistico, è disposta a fare di tutto, venendo a patti con il suo spietato mondo e gli approfittatori che ci girano intorno (come il talent scout interpretato da Massimo Ranieri, che gli chiede ingenti somme di denaro per dare una possibilità al ragazzo ai provini).

A dispetto di queste premesse, Mancino Naturale non è un però un film di denuncia del microcosmo calcistico, delle illusioni dei genitori e delle loro ricadute sulla crescita dei figli. L'intreccio fa leva su personaggi sfaccettati, evitando facili banalizzazioni e prevedibilità. Isabella è una donna sola che si muove in un contesto prerogativa degli uomini, in un ruolo solitamente associato a questi (il genitore patito di calcio convinto che il proprio figlio sia un campione). Fa trascurare a Paolo la scuola, le amicizie e a lo costringe a una dieta ferrea. Si connota nelle prime scene da spregiudicatezza e cattivi rapporti coi parenti. Ma non c'è mai uno sguardo giudicante nei suoi confronti, in quanto il film ne mette in rilievo l’intensità dei sacrifici, la determinazione, l’amore per Paolo, il loro intenso e tenero rapporto. La sua figura non è semplicemente una pessima madre da biasimare, ma neppure una vittima del mondo maschile da commiserare. Così, il film invita lo spettatore a sospendere il giudizio e, svelandoci il passato della donna, a considerare sotto un'altra luce le sue azioni.

Notevole inoltre l’interpretazione del giovane Alessio Perinelli, all’esordio, nei panni di Paolo. Gli occhi vitrei e lo sguardo ectoplasmatico ne trasmettono il suo essere succube della madre, ma allo stesso tempo nascondono una furia pronta ad esplodere. Centrale nell’intreccio è poi l’incontro con il nuovo vicino di casa Fabrizio (Francesco Colella), frustato sceneggiatore per la televisione che gli darà ripetizioni, aiutandolo nel percorso scolastico. Due personalità agli antipodi che finiscono per avvicinarsi e imparare l’uno dall’altro: siamo anche dalle parti di Scialla!, evocato nei giri in motorino tra i due. Nulla di nuovo dunque, ma sempre narrato con un buon trasporto emotivo, tale da rendere immediata l'empatia nei loro confronti.

Non tutto comunque gira alla perfezione in Mancino Naturale. Alcuni passaggi sono troppo esasperati (il ralenti nelle scene delle partite!) l’utilizzo in colonna sonora di diversi brani è fine a se stessa, anche il sottobosco degradante e degradato della periferia romana è dato troppo per scontato, e poteva essere approfondito maggiormente. Eppure, il film si rilancia con un finale aperto, che scansando l'effetto ricattatorio come quello educativo, si concentra sulla parabola dei personaggi, che seppur certamente non originale, ha il merito di essere credibile e sentita.

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