The Dark Pictures: Man of Medan è il buono ma non eccezionale esordio dell'antologia horror – Recensione
The Dark Pictures: Man of Medan mostra una grande cura nella fotografia e nella messa in scena, ma ci si poteva aspettare di più da un team talentuoso come Supermassive Games
The Dark Pictures Anthology è infatti un progetto molto ambizioso, che lo sviluppatore inglese sta portando avanti con Bandai Namco. L’idea è quella di creare un’antologia di videogiochi horror come le vecchie antologie cinematografiche, ognuno con un’ambientazione, personaggi e storia a sé stante, e tutte accomunate dall’ispirazione da miti e leggende reali. Il team vuole esplorare ogni sottogenere del racconto dell’orrore, e se Until Dawn era un cabin in the wood nella prima parte per diventare uno slasher movie nella seconda, Man of Medan si ispira all’horror psicologico, a tratti lovecraftiano.
[caption id="attachment_198896" align="aligncenter" width="1920"] I personaggi vengono presentati da un primo piano in cui vengono esposti brevemente relazioni e caratteri[/caption]
Il primo impatto con Man of Medan dimostra un deciso stacco, in termini tecnici, da quanto visto in Until Dawn. Immaginiamo che, per la necessità di poter attingere ad un budget minore (oltre ad essere un multipiattaforma, il titolo è venduto a prezzo ridotto), Supermassive abbia dovuto rivedere i propri standard.
Per quanto riguarda le questioni meramente tecniche, in Man of Medan i modelli dei personaggi sono molto più che buoni, ma il mocap per i movimenti facciali è nettamente inferiore a quanto visto in passato. Oltre ad essere diminuita l’espressività generale, a volte la mimica va fuori controllo e diventa quasi caricaturale, rompendo immediatamente il coinvolgimento. Gli ambienti sono invece molto più curati al colpo d’occhio, ma in molteplici occasioni le texture appaiono anche in ritardo di svariati secondi e nei filmati capita ogni tanto di assistere a dei cali di frame rate notevoli, così come anche in una specifica sezione della nave (nelle due partite che abbiamo fatto è capitato sempre nello stesso momento).
[caption id="attachment_198897" align="aligncenter" width="1920"] Dalla gita in barca qualche personaggio può già lasciarci le penne[/caption]
La regia di Man of Medan è molto interessante. Di pari passo con la natura più seriosa della storia c’è una grandissima cura nella fotografia ed in generale nella messa in scena. Sebbene si ricorra un po’ troppo spesso ai jumpscare, e con un pattern molto simile, c’è dall’altro lato una buonissima costruzione delle cutscene, ma in particolare un’attenzione alle inquadrature davvero pregevole. Tra una strizzatina d’occhio alle inquadrature fisse di un Resident Evil d’annata e l’horror cinematografico d’autore l’esplorazione della Medan viene caricata d’atmosfera in maniera notevole.
"Di pari passo con la natura più seriosa della storia c’è una grandissima cura nella fotografia ed in generale nella messa in scena"Un altro dettaglio interessante è che il mistero della Medan non viene spiattellato in faccia al giocatore. Si può completare Man of Medan andando dritti per la propria strada, con l’unico obbiettivo di fuggire e completare l’avventura. Esplorando, però, si riesce a scoprire cosa è successo a questa nave fantasma riapparsa misteriosamente nel 2019 al largo delle Filippine. Ed è l’unico modo per sapere la verità. Un dettaglio importante che può influenzare pesantemente la trama e le scelte del giocatore visto che, come ogni horror psicologico, niente è come sembra e su questa percezione i Supermassive giocano per l’intera avventura.
Ci sono quindi più di 50 segreti relativi alla storia da trovare, tra oggetti e documenti, così come le ormai iconiche premonizioni mutuate da Until Dawn, alcune delle quali strettamente legate all’esistenza di uno o dell’altro personaggio presente in un dato momento dell’avventura. Pregevole il fatto che, a partire dai primi 30 minuti di gioco, i personaggi siano già potenzialmente in pericolo e possano lasciarci le penne molto presto. A questo proposito va segnalato che, generalmente, i quick time event sono molto facili e spesso permissivi. Solo in un caso uno fallito ha significato un’equivalente morte, mentre in altri è stato necessario fallire più di un comando. È invece più difficile prevedere cosa possa portare lo svolgimento di un dialogo.
[caption id="attachment_198894" align="aligncenter" width="1920"] La "bussola morale" guida le scelte dei personaggi, anche se a volte gli intenti non sono chiarissimi[/caption]
In Man of Medan i personaggi potranno seguire il cuore o la mente, oppure essere ignavi, dando risposte più istintive e repentine, o sagge e ragionate. In questo modo si costruisce il carattere del personaggio, si aprono soluzioni narrative a seconda che i rapporti tra essi siano più o meno positivi, ma soprattutto si sbloccano scene o conseguenze particolari. Come accennato poco fa, una delle morti che abbiamo subito da parte di uno dei personaggi è arrivata proprio, stavolta molto a sorpresa, da una risposta a un dialogo. Nonostante la brevità dell’esperienza, quindi, Man of Medan è un racconto che è piacevole da vivere.
A proposito di dialoghi, ci tocca rilevare un doppiaggio italiano di qualità discutibile. Probabilmente per il solito problema, tipicamente italiano, per cui le localizzazioni vengono fatte molto in fretta e con poco budget, il doppiaggio nostrano oltre a non essere granché piacevole provoca delle vere e proprie dissonanze. Ad esempio capita di vedere un dialogo recitato con un tono neutro, che poi finisce con uno dei personaggi che inveisce contro l’altro incolpandolo di essere stato troppo duro. Dissonanze così pesanti capitano raramente, ma in generale non c’è stata una grandissima cura nel lavoro di adattamento. Basta guardare i documentari presenti nei contenuti extra per notare la differenza con le recitazioni originali.
Tuttavia, pur con i suoi difetti, Man of Medan è una buona avventura. Ci sono almeno due soluzioni registiche e narrative, collegate ad altrettante scene, che sono davvero da applausi. Non ve le sveliamo per non rovinarvi la sorpresa, ma quando le incontrerete vi assicuriamo che rimarrete a bocca aperta e valgono quasi da sole il prezzo del biglietto.
[caption id="attachment_198893" align="aligncenter" width="1920"] Molte inquadrature di Man of Medan sono di grande effetto[/caption]
Al di là di uno svolgimento lineare negli eventi c’è una estrema libertà nei risultati e negli amati/odiati bivi narrativi. Due partite possono portare a risultati diversi anche con pochissime scelte differenti, perché oltre alla dinamica fai questo-fai quell’altro abbiamo scoperto situazioni che si sbloccano solo avendo dato determinate risposte, o addirittura eventi che vengono innescati a tempo quando si rimane troppo a lungo in una location, per esempio. Man of Medan pecca, però, un po’ troppo di frettolosità, perché la parte iniziale in barca è molto lenta in confronto a ciò che succede sulla nave maledetta.
Quattro ore sono effettivamente poche per costruire un’avventura videoludica corposa, ed è già sorprendente quello che Supermassive è riuscita a fare ad esempio con la caratterizzazione dei personaggi, che è semplice ed appena accennata, ma funzionale a restituire immediatamente l’umore di questo o quell’altro protagonista. La durata breve, per il genere, è però un bonus per quanto riguarda la rigiocabilità, aiutata anche dai tanti segreti da scoprire per dipanare una volta per tutte il mistero della Man of Medan. Se amate il genere questo è un buon esperimento, anche grazie all’idea del Curatore, personaggio che commenta gli eventi e può fornire o meno suggerimenti e che contribuisce a dare una forte identità alla The Dark Pictures Anthology, ma ci si poteva aspettare di più da un team talentuoso come Supermassive Games. Anche perché la modalità multiplayer è un sorprendente valore aggiunto (con alcuni distinguo), talmente tanto che ve ne parleremo in uno speciale dedicato.