Maigret, la recensione

La nostra recensione di Maigret, film sul commissario di George Simenon interpretato da Gérard Depardieu e diretto da Patrice Leconte.

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La recensione di Maigret, dal 15 settembre al cinema

Dopo aver visto Gérard Depardieu interpretare il burbero ed ironico commissario Maigret viene da chiedersi come mai questo ruolo non gli sia arrivato prima. Depardieu incarna infatti nel nuovo film di Patrice Leconte un Maigret impeccabile: dalla camminata pesante al sorriso sornione - con un inside joke irresistibile sul tentativo di smettere di fumare l’iconica pipa - Depardieu con Maigret sembra dare vita ad un personaggio da lunga serialità, perfetto per rendere ulteriore fortuna alla già popolarissima saga dei romanzi di Simenon.

Lo spirito del Maigret di Leconte è tra il fumettoso e il romanzesco. Al centro del film c’è una singola indagine, quella del romanzo Maigret e la giovane morta, per cui senza troppe presentazioni (il commissario è un personaggio ormai dato come “fuori dallo schermo”) veniamo subito buttati dentro al cuore di un giallo dalle tinte di puro mistero, affatto inquietante, che funziona più come un racconto breve accattivante facente parte di un grande universo narrativo.

La storia parla delle “ragazze perdute di Parigi”: nella Ville Lumiére degli anni Cinquanta (diversamente dal libro che è invece itinerante) Maigret deve infatti indagare sulla morte di una giovane ragazza dall’identità misteriosa. L’intrigo lo porterà tra scenari aristocratici e palazzi popolari, incontrando un’eco della ragazza misteriosa nella giovane Betty (Jade Labeste).

Pur capendo fin da subito la natura dell’intrigo e i conseguenti colpevoli, la narrazione di Maigret non ne perde in efficacia ed interesse. Lo spettatore sa sempre qualcosa di più rispetto al commissario, eppure la fluidità della narrazione, la tenerezza dei personaggi e la simpatia di Maigret non fanno che rendere irresistibile questo piccolo racconto di perdizione e peccato.

È soprattutto, infatti, il rapporto tra Maigret e Betty il vero cuore del film: un rapporto quasi tra padre e figlia che funge da luce di speranza per un mondo invece peccaminoso. Il tono è naive e difatti Leconte non fa che ribadire la natura quasi giocosa di tutta l’indagine, un puzzle di indizi e piste dove ogni personaggio viene caratterizzato con pochi tratti per fungere da mero oggetto narrativo.

In questo equilibrio tra serietà e ironia Maigret funziona perfettamente, a volte con qualche momento calante, ma sempre con un’idea ben precisa di messa in scena in mente: quella di un mondo dove la violenza è al centro ma è sempre romantica, quasi edulcorata, tra i toni accomodanti del pastello e una fotografia morbida, cullata da una bontà di fondo che la rende quasi un incidente di percorso di un mondo invece ottimista.

Siete d’accordo con la nostra recensione di Maigret? Scrivetelo nei commenti!

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