Mafia: Definitive Edition, un meraviglioso viaggio nel passato e nulla più | Recensione

Mafia: Definitive Edition è una meravigliosa mafia story videoludica che mostra come una struttura del 2002 rimanga vincente ancora oggi

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L’arrivo di Mafia: Definitive Edition arresta un po’ la frenetica corsa verso la next-gen, perché ci riporta al 2002, anno d’esordio di Mafia: The City of Lost Heaven. L’ultima opera di Hangar 13 e 2K è infatti un remake del primo capitolo della serie più famosa sulla criminalità organizzata di stampo italo-americano. Si tratta di un vero e proprio omaggio contemporaneo a un titolo che all’epoca seppe ritagliarsi un suo spazio quando c’era GTA Vice City. Non un’impresa da poco. Il merito fu soprattutto di una trama ricca di pathos e colpi di scena, e una regia dai tratti cinematografici tali da riportare alla mente le pellicole di Martin Scorsese e Francis Ford Coppola.

In breve, Mafia: The City of Lost Heaven ha saputo dimostrare che anche il videogioco può raccontare storie di gangster, guardando al grande cinema sì, ma conservando la propria identità di medium interattivo. Forse è per questa forma di rispetto nei confronti di cosa rappresenta il primo capitolo della serie che Mafia: Definitive Edition si limita - se così si può dire - ad ammodernarlo e migliorarlo senza innovarlo o alterarlo, a differenza di altri remake visti in passato come ad esempio quello di Final Fantasy VII.

Mafia: Definitive Edition ripropone quindi la forma immutata dei venti capitoli attraverso i quali viene raccontata la storia di Thomas, Tommy, Angelo, tassista nella Lost Heaven degli anni Trenta, metropoli ispirata a Chicago ma anche a New York. La sequenza iniziale è interamente dedicata a lei, ai suoi grattacieli tappezzati di manifesti contro l’assunzione di alcolici, alle sue strade e ai suoi ponti trafficati, alle sue genti.

È in questa caotica meraviglia che comincia la scalata di Tommy tra i ranghi della malavita organizzata. Una notte, durante la consueta sigaretta di fine turno, il povero tassista si ritrova minacciato da uomini in fuga, armati di pistola e col forte accento siciliano. Devono seminare le auto degli scagnozzi di don Morello. Tommy dimostra una grande abilità alla guida, e riesce a portare in salvo i due misteriosi uomini fino al bar di don Salieri, a Little Italy. “Il don non dimentica mai gli amici”. Da quella sera, soldi potere e rispetto entreranno a far parte della vita di Tommy. Ma a che prezzo?

Il titolo del 2002 incentrava la trama proprio su questo dilemma, espresso attraverso le cutscene di introduzione di ogni missione. Mafia: Definitive Edition fa lo stesso, ma con maggiore profondità. Come detto poc’anzi la struttura narrativa in capitoli resta immutata, tuttavia buona parte dei dialoghi è stata riscritta da Hangar 13, ribadendo ancora una volta la grande capacità degli sceneggiatori, già dimostrata in Mafia III. Vi sono anche diverse scene cambiate, non solo in termini di dialoghi, ma anche di scenografia o dinamiche narrative. Niente comunque che alteri la storia di Tommy, si tratta anzi di apprezzabili variazioni volte a rendere più verosimili e coinvolgenti le vicende mostrate.

Nonostante quindi le ottime basi lasciate dal team originario Illusion Softworks, Mafia: Definitive Edition presenta una storia con un cast di personaggi pronto a conquistare il cuore, più di prima o per la prima volta. Ciò è chiaramente dovuto anche al restyling grafico e al facial capture. È facile cadere preda degli occhi intensi di Tommy e di Sarah, o sorridere per il brutto ghigno di Paulie, o ancora, stare in tensione davanti alla freddezza facciale di Frank. Volti ed espressioni che restano memorabili, e che omaggiano l’Hollywood gangsteristica del passato. A proposito di performance da film, il merito va anche al doppiaggio di qualità. Quello italiano non conta più su Claudio Moneta come voce di Tommy ma su Valerio Amoruso. In generale il doppiaggio è stato soggetto a cambiamenti, con un risultato finale davvero godibile.

Mettendo da parte la vena cinematografica di Mafia: Definitive Edition, occorre passare al gameplay, sostanzialmente diviso in fase di shooting (a volte preceduta da parti in stealth) e fasi di corsa in auto e in moto (quest'ultime aggiunte apposta nel remake). La mappa conserva infatti la struttura semi-open-world, adatta per le scorribande sui mezzi, mentre la sparatorie e gli scontri si concentrano per lo più negli spazi chiusi che fanno da principali palcoscenici delle missioni. Che sia attaccare in mischia, scavalcare, ripararsi, accovacciarsi, correre, mirare o sparare alla cieca: in tutti questi casi i comandi e le azioni sono ripresi integralmente da Mafia III. Non è propriamente un male, visto che Tommy adesso diventa più malleabile da comandare, ma guardando alla serie in generale, non vi è alcuna innovazione.

Uguale a Mafia III è anche l’I.A. ingenua dei nemici, i quali si limitano a ripararsi e sparare se armati di pistole o Thompson, o ad accerchiarci se equipaggiati di lupara o fucile. Dispiace perché inficia, seppur di poco, il credibile costrutto narrativo su cui si fonda il gioco, tuttavia, a differenza del terzo capitolo, non tedia l’esperienza grazie alla progressione dell’avventura lineare e ben ritmata. Infine, altro elemento tratto dal terzo capitolo, sono i collezionabili, ovvero numeri di riviste e dime novels di genere spy, sci-fi, noir, ecc, le cui copertine possono essere ammirate nell’apposito menù.

Riguardo i veicoli, ognuno è ben caratterizzato in Mafia: Definitive Edition, nel senso che pad alla mano si percepisce la pesantezza, la velocità e la manovrabilità di ogni auto o moto. In generale guidare per Lost Heaven è una vera goduria, e il merito va soprattutto a lei stessa. Nonostante le scarse interazioni con il mondo di gioco, la città resta comunque pulsante e viva ai nostri occhi. Le nove aree che la compongono hanno una loro essenza, evidente nelle architetture, nella gente che passeggia o chiacchiera nei dintorni, nelle auto parcheggiate. Capita molto spesso di volersi fermare ad osservare i panorami, che siano le ciminiere fumanti accanto allo sfavillante skyline o il tramonto su uno dei ponti che portano a Central Island; così come emoziona passare tra le fila di fari d’auto e lampioni della strada, con la radio dell’auto che suona jazz e swing. Tutto questo fa sinceramente sentire la mancanza di una modalità foto.

Citando la colonna sonora, questa resta magistrale, perché completa il tuffo nell’America degli anni Trenta, piegata dalla crisi del ‘29 e dal Proibizionismo, ma allo stesso tempo ruggente e agguerrita. Per godere appieno della sua atmosfera, Mafia: Definitive Edition contiene la modalità Fatti un giro, in cui è possibile esplorare liberamente la città. Come detto poc’anzi non è possibile interagire al suo interno, ma tale modalità consente di girovagare senza limite, intraprendere delle prove nascoste in città, scovare dei segreti e andare a caccia di auto o moto da mettere nella nostra Autopedia. Si tratta di un’enciclopedia in cui ammirare - e in caso testare - i mezzi che abbiamo guidato nel corso dell’avventura.

Piccole aggiunte che unite al restyling grafico, narrativo e ambientale rendono Mafia: Definitive Edition un titolo d'alto livello, in grado di emozionare chi si è già emozionato diciotto anni fa, ma anche di coinvolgere nuove generazioni di giocatori. Un’esperienza semplice, che brucia via in poco più di una dozzina d'ore, ma che lascia pienamente appagati dopo averla vissuta. Certo, non innova nulla, e sul lato gameplay speravamo in qualcosa in più che potesse farci guardare verso il futuro della serie. Ciononostante, Mafia: Definitive Edition resta una meravigliosa mafia story videoludica, che mostra come una struttura del 2002 sia ancora vincente oggi, seppur a un passo dalla next-gen.

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