Madres, la recensione

Tolta l'inutile pretesa di giocare a fare il film horror, Madres raggiunge in modo convincente il suo obiettivo, ovvero raccontare un capitolo semi-sconosciuto della storia americana

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Madres, la recensione

Rileggere in chiave horror il razzismo sistemico americano è il nobile obiettivo di Madres, film d’esordio del regista Ryan Zaragoza e scritto da Marcella Ochoa e Mario Miscione. Dando corpo e fondamento a una più che mai attuale paranoia complottista, Madres si ispira - purtroppo - a fatti realmente accaduti in California negli anni Settanta per raccontare come il razzismo verso i messicani emigrati negli USA sia una storia tutt’altro che conclusa.

Se, da una parte, la componente narrativa e informativa è interessante e fa effettivamente emergere con forza un’urgenza (denunciare uno stato di cose), dall’altra proprio l’assetto di genere, nella sua messa in scena goffa e svogliata, è la cosa in assoluto più debole di tutto il film. Siamo lontani, per intenderci, dal cinema surrealista di Jordan Peele (che questo connubio tra politica e racconto di genere lo padroneggia invece ad occhi chiusi): l’horror con cui è alle prese Zaragoza non ha nessuna forza metaforica. Forse sarebbe stato meglio metterlo totalmente da parte, perché non sembra aggiungere davvero niente di necessario o stimolante rispetto a quello che il film racconta nella sua sola parte “realistica”.

Ambientato negli anni Settanta, Madres ha per protagonista una coppia americano-messicana che si trasferisce in una piccola comunità contadina della California per mettere su famiglia. Beto (Tenoch Huerta) è un bracciante messicano entrato negli USA clandestinamente, Diana (Ariana Guerra) è invece americana (perché è nata negli USA, anche se da una famiglia di immigrati) e da quando è rimasta incinta è senza lavoro. Dopo il trasferimento Diana deve fare i conti con il pregiudizio, con una complessa eredità culturale e un’identità problematica (è americana ma tutti la scambiano per messicana, viene emarginata perché non parla lo spagnolo) ma, soprattutto, viene sconvolta da strani sintomi e visioni che la portano a pensare - in modo sempre razionale e mai misticista - che la comunità sia affetta da un malattia diffusa che ne causa la sempre minore capacità riproduttiva.

È un vero peccato che Madres si affossi con così tanta facilità tra i più banali topos del genere, in balia della ricerca di uno spavento o di un brivido inquietante che non arrivano mai. Il film in questo senso fallisce miseramente, e tra tempi sbagliati e immagini e/o oggetti visti e rivisti (il carillon, la casa in cui vivono che apparteneva a qualcuno che ha fatto una brutta fine, il capanno degli attrezzi…) non può che deludere. 

Tolta però tutta questa inutile pretesa di giocare a fare il film horror, Madres in realtà raggiunge in totale scioltezza e in modo convincente il suo obiettivo, ovvero raccontare un capitolo semi-sconosciuto della storia americana contemporanea. In questo senso il film infatti è, per quanto poco sorprendente, ben scritto: sia perché riesce a sviare lo spettatore nonostante la semplicità dell’intreccio, sia perché, soprattutto, mette in campo una complessità politico-culturale per nulla scontata (basti pensare al conflitto interno di Diana). E sebbene le conclusioni non siano raffinate quanto le premesse, bastano comunque per stimolare una riflessione più profonda.

Siete d’accordo con la nostra recensione di Madres? Scrivetelo nei commenti!

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