Mad Men 7x04 "The Monolith": la recensione

La recensione del quarto episodio dell'ultima stagione di Mad Men

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La settima e ultima stagione di Mad Men assume sempre più i contorni e la sostanza di un conto alla rovescia. Verso cosa? Verso la fine di un'era – come ci dice la tagline stagionale – ma anche verso la conclusione di un pensiero, di un tipo di società, e naturalmente degli uomini che la incarnano. Don Draper è, prima di un uomo, anche la rappresentazione vibrante di un ruolo sociale che è andato perdendo pezzi nel corso dell'ultimo decennio, e che si affaccia agli anni '70 dopo aver convissuto sulle spalle delle proprie illusioni per troppo tempo, credendoci, ma senza per questo renderle reali. The Monolith, titolo della puntata e riferimento allo strumento narrativo centrale di 2001: Odissea nello spazio (tra l'altro ad inizio episodio l'ascensore su cui viaggia Don si apre sull'immagine - mostrata in modo insistito ed espressivo - che trovate di seguito), uscito pochi mesi prima degli eventi narrati dall'episodio, segna ancora una volta, da una prospettiva più umana che cosmica (anche se i riferimenti non mancano) il trauma nel salto da una fase dell'umanità all'altra. E non è detto che tutti riescano a compiere il delicato passaggio.

Nell'ultimo episodio, con una battuta conclusiva tanto anticlimatica quanto sottilmente significativa, Don abdicava ai suoi privilegi storici per poter rientrare nell'agenzia. Sottoposto ai cambi d'umore di Lou, che mai lo vedrà di buon'occhio, forse temendo interferenze da parte sua, ma anche all'astio di Peggy, tanto per motivazioni professionali che personali (la partenza di Ted), Don soffre parecchio. Una sofferenza tutta sua naturalmente, che si manifesta nell'artificioso tentativo di stringere un contatto con Jim Cutler e discutere a proposito dell'installazione di un computer alla SC&P, nel puerile furto di una bottiglia di liquore, nella difficoltà a sottostare alle direttive di Peggy, che puntualmente riceverà un aumento e verrà messa a capo di un progetto. Una stupida ubriacatura potrebbe rimetterlo nei guai, e questa volta in modo definitivo, ma anche grazie a Freddie, Don riesce a uscirne indenne e a ripresentarsi il giorno seguente, apparentemente più determinato a riprendere il proprio lavoro.

Nel frattempo Roger si reca con Mona alla ricerca della figlia Margaret, entrata in una specie di comune hippy. Senza elettricità e senza comodità, la giovane vuole solo essere lasciata in pace, ma i due parenti insistono affinché ritorni e si prenda cura della figlia Ellery. Mona rinuncerà ben presto al proposito, mentre Roger deciderà di passare una notte alla comune. Il mattino seguente, proprio quando sembra che possa accettare la volontà della figlia, Roger la prende di peso e cerca di riportarla a casa. La giovane si libera con rabbia e lo accusa di averle riservato lo stesso trattamento. Alla fine si tratta di una ripicca, di un momento liberatorio e rabbioso che si ricollega al fragile – e a questo punto falso – perdono che Margaret gli aveva concesso nel primo episodio della stagione.

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Come al solito Mad Men non scopre completamente le proprie carte, ma preferisce lasciare in superficie la solita patina, fatta di sguardi, dialoghi abbozzati, momenti salienti non facili da decifrare, suggerimenti più o meno velati. Quello che emerge su tutto è un clima di profonda rassegnazione, quasi consapevolezza che il tempo delle illusioni, dei sogni, degli anni d'oro è passato e non tornerà più. I problemi ci sono sempre stati naturalmente, ma tutto veniva risucchiato in un vortice di autoesaltazione e grande stima di sé e della propria categoria di appartenenza. Ora i mad men (e women) si sono resi conto che il mondo non gli appartiene più. La speranza e il vento del cambiamento sono passati e sono finiti nel sangue e nella guerra. Il conflitto in Vietnam, lo scandalo Watergate dietro l'angolo, la crisi economica degli anni seguenti: un futuro non ancora giunto, ma vivo nella consapevolezza dello spettatore e nei protagonisti, che sempre più paiono abbandonati a se stessi e smarriti.

Mad Men filtra riflessioni e tematiche e riesce a ridurle alla loro dimensione più concreta e immediata. È il monolito del titolo dell'episodio, emblema di un cambiamento traumatico, che entra effettivamente alla SC&P nelle sembianze del primo computer, e come oggetto di una discussione tra Don e Jim nel quale si parla delle sue potenzialità sovrumane (entrano nel discorso le stelle e lo sbarco sulla Luna, e ovviamente nemmeno questo è un caso, dato che l'allunaggio sarebbe avveuto appena due mesi dopo). E ancora è Don che, sotto l'effetto degli alcolici, avvicina Jim in seguito e lo accusa quasi di essere un diavolo dai molti nomi e ingannatore (probabilmente è ancora influenzato dall'Inferno di Dante, che leggeva all'inizio della sesta stagione). Riferimenti intelligenti, sottili, perfettamente incastonati nel dialogo tra scrittura e messa in scena. Nessuna serie al momento è così ricca di spunti, ma d'altra parte nessun'altra serie è Mad Men.

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