Mad Men 7x02 "A Day's Work": la recensione
Secondo episodio della stagione per Mad Men, nel quale Don incontra Sally
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La citazione che appare come un fulmine al termine di A Day's Work, secondo episodio stagionale di Mad Men, potrebbe tranquillamente essere il parto della mente di Don Draper. E invece a pronunciarla davanti a lui, quasi sospirando, è sua figlia Sally. Il relativismo dei caratteri è uno degli elementi fondamentali che rende l'approfondimento psicologico nella serie il migliore al momento in tv. Ogni personaggio esce, o meglio entra continuamente in se stesso, nascondendo agli occhi dello spettatore sfaccettature complesse, lasciate all'intuizione estemporanea di chi osserva la scena. E, in questo inconsapevole gioco delle parti, Don Draper è l'emblema della maschera sociale, e personale, che inevitabilmente si modella come una seconda pelle su tutti i personaggi, e che ormai ha coinvolto anche Sally, troppo grande e disillusa, ma al tempo stesso troppo giovane per negare una verità che riguarda tutti i protagonisti della serie.
Nel momento in cui l'identità di Don Draper si fonda sulle apparenze, quando queste crollano (la perdita del lavoro, della famiglia, anche del proprio fascino), ciò ha un contraccolpo fortissimo sulla figura del protagonista, in fondo artificiosa come le famose presentazioni ai pubblicitari. Don si sveglia tardissimo, mangia schifezze, ha scarafaggi che camminano nel suo appartamento – è evidente come in un mondo di apparenze l'ambiente debba rispecchiare perfettamente il mood di chi lo occupa – e fatica a riprendersi. Poche volte abbiamo sentito dirgli le parole "non lo so", ma sono queste quelle che rivolge alla figlia Sally, che per puro caso scopre la sua condizione personale (Don parla con Dave Wooster, forse un nuovo tentativo di reinventarsi del nostro self made man). Nel finale della scorsa stagione abbiamo visto come la verità, la semplice accettazione del proprio passato, il valore della confessione potessero salvare il personaggio. A queste considerazioni ritorniamo alla fine dell'episodio. Sally è l'unica figura a non far parte di quell'universo artificioso faticosamente costruito e visto crollare in poco tempo e sono lontani i tempi in cui la ragazza considerava suo padre un idolo. Da lei si può ripartire, di fronte a lei ci si può togliere la maschera.
Peggy intanto soffre parecchio in questo ritorno dello show. L'abbiamo preferita nella sua fase di crescita e riscatto, ma è inevitabile che, trattandosi pur sempre dell'alter ego non dichiarato di Don, ne condivida in qualche modo incertezze e crolli emotivi. Da un banale malinteso – un mazzo di fiori non destinato a lei dal quale si generano una serie di equivoci – il trampolino per sottolineare ancora una volta quanto evidenziato la scorsa settimana. A vincere, in questa gara nella quale i personaggi "forti" e al vertice soffrono, sono i più piccoli, le segretarie di colore (non solo Dawn ma anche Shirley) e le ragazzine. Roger e Pete e il loro look ad esempio: lo scorso anno si è fatto un gran parlare dell'utilizzo del trucco nella caratterizzazione dei protagonisti di American Hustle, ma Mad Men rappresenta l'eccellenza in questo senso da molti anni. Forse stiamo assistendo all'inizio di un nuovo ciclo di riscatto, nel quale i personaggi storici che hanno raggiunto a fatica i loro obiettivi si risvegliano bruscamente, si scoprono non appagati dai risultati ottenuti, e lasciano spazio ad una nuova generazione.