MacGyver 1x01 "Pilot": la recensione

Il remake del cult degli anni '80 MacGyver, per quanto premiato dagli ascolti, non ci ha convinto

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È curioso che un eroe capace, per definizione, di sistemare qualunque problema ricorrendo semplicemente agli strumenti che trova a portata di mano, fallisca nell'aggiustare se stesso. È il problema di MacGyver, la nuova serie della CBS, rifacimento del cult degli anni '80 interpretato da Richard Dean Anderson. In quest'epoca televisiva in cui un reboot non si nega a nessuno, lo show si misura con una sfida che sembra non alla sua portata, non per chissà quale qualità strabiliante da parte del suo predecessore, ma per l'oggettiva distanza stilistica tra quel prodotto e l'epoca nel quale, piccoli aggiustamenti a parte, lo si vorrebbe calare. È impossibile definire sbagliato un progetto che al suo debutto ha fatto registrare ottimi ascolti (bisognerà vedere la tenuta però), ma al tempo stesso è difficile esaltarne le qualità.

La storia non dovrebbe essere un segreto per nessuno, e in ogni caso un voice-over molto presente confermerà ogni nostra informazione. Angus MacGyver (Lucas Till) lavora per un'agenzia segretissima e viaggia in giro per il mondo risolvendo le più disparate situazioni di crisi, principalmente ricorrendo al suo ingegno. In questo reboot lo aiutano l'amico, più grezzo, Jack Dalton (George Eads), la hacker Riley Davis (Tristin Mays), e il suo capo Patricia Thornton (Sandrine Holt). Completa il quadro l'amico Wilt Bozer (Justin Hires), ignaro della vera attività svolta dal protagonista. Il più classico dei pilot, diretto da James Wan, pone le basi per un'avventura che porterà il gruppo a compattarsi, risolvere una missione, chiudere certi conti con il passato, aprire una nuova parentesi delle proprie avventure.

Rifare un cult porta sempre con sé un carico di problematiche non indifferenti, per il semplice motivo che il cult è al di là del bello e del brutto, è un prodotto che a un certo punto inizia a vivere nell'immaginario e a nutrirsi di qualcosa che viene proiettato su di lui. Questo basterebbe a mettere in crisi molti progetti, ma ad onor del vero non sarebbe giusto fermarci a questo limite particolare. Per certi versi questo MacGyver aggiornato al 2016 non è un brutto telefilm, è semplicemente "fuori tempo". Con qualche computer in meno lo si potrebbe trapiantare tranquillamente in uno scenario televisivo di venti anni fa, e apparirebbe come uno show ben inquadrato e anche piacevole. Un prodotto di questo tipo esisteva all'epoca, e si chiamava proprio MacGyver.

Tutto è livellato verso la semplicità e l'immediatezza. I dialoghi espositivi, inframezzati a loro volta da un voice-over che sottolinea ciò che stiamo guardando ("I know what you're thinking... "), i caratteri granitici e semplici, rappresentazioni idealizzate di strumenti della storia (difficile vedere in Riley qualcosa di più della classica Mary Sue). Lucas Till non riesce a rivestire il suo personaggio di quelle sfumature, anche leggere, che permetterebbero allo spettatore di avvicinarsi a lui, per quanto la scrittura in vari momenti tenda a metterlo in condizioni di svantaggio, sorpresa, sofferenza. Tentativi che vengono sporcati quando le capacità del nostro si spingono fino a ricordare un'informazione storica talmente vaga da essere fuori posto anche qui.

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