Macbeth, la recensione
Di tutti i Macbeth adattati per il cinema quello di Joel Coen è il più razionale e metafisico, il più determinato e lucido
Non c’è nessuna vera follia nel Macbeth di Joel Coen. Quella che gli altri film hanno raccontato come la discesa nella pazzia di un uomo trascinato dalla sua bramosia in questo in realtà è una lucidissima presa del potere. Nell’adattare la tragedia Joel Coen sceglie di dare molto risalto agli aspetti razionali del protagonista che, nel momento in cui uccide per la prima, non sta sognando in grande ma accetta la propria fine, cioè l’opposto. Denzel Washington mette in campo il lato minimalista del suo spettro recitativo, fatto di mosse minuscole e sguardi secchi e improvvisi quando si professa ormai corrotto dal demone della bramosia e capisce che è tutto finito. Non ha l’occhio invasato di Toshiro Mifune di Trono di sangue né la serena gravità nello sguardo accigliato di Orson Welles. Lo sa cosa accade ma non può non andargli incontro.
La forza di questo Macbeth (davvero uno dei migliori mai fatti) è come una delle tragedia più metafisiche di Shakespeare sia resa proprio puntando su quell’aspetto, con un’eccezionale strega contorsionista e soprattutto in uno scenario di pura metafisica da De Chirico, un palazzo di forme lisce e moderne, brutaliste, in cui è la luce a creare le geometrie grazie alle ombre e nel quale i vuoti riempiti di ombre sono molto più ampi dei pochi esseri umani che li abitano.
Certo quello stile lì è anche il segno tramite il quale l’architettura parla di dittatura, lo stile del regime totalitario, e quindi un altro modo di parlare visivamente di potere. Ma in questo regno della luce, in cui quella pare l’unica legge che dà una forma (sempre diversa) ai posti, sì intuisce costantemente la presenza del trascendentale (che non è frequentissimo nei Coen).
Messo insieme questo Macbeth è esattamente tutto ciò in cui sguazza la A24, società di distribuzione tra quelle con maggiore personalità dei nostri anni, che seleziona progetti con maniacalità e li cura moltissimo per farli aderire ad un’idea intelletual-pop di successo che ha rivitalizzato interi generi come l’horror e fatto nascere nuovi autori.