[Biografilm 2016] Ma Ma, la recensione

Determinato a raccontare una donna e la sua forza, Ma Ma finisce con il giustificare tutto per arrivare alla lacrima, per commuovere a tutti i costi

Critico e giornalista cinematografico


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Nessuno si merita una malattia, tutti la subiscono come una sventura esterna.

Per questo la malattia è una materia delicata al cinema, specie se occupa tutto un intero film, specie se è il cuore di tutto il racconto e dell’evoluzione del personaggio, ma Julio Medem e Penelope Cruz sembrano non essere daccordo. Il rischio in questi casi è quello di prendere un personaggio, come accade alla Magda protagonista, sottoporlo ad un inferno di visite, spettri di morte, difficoltà, malori, fisico fiaccato e via dicendo, fino a tracciarne un percorso di santità così smaccato da sconfinare nel pietismo. Ma Ma in tal senso è come un manuale, un melodramma estremo a cui è stata sottratta la parte di costruzione sentimentale per lasciare solo il dolore, uno in cui gli sguardi dei bambini densi d’amore per la propria mamma sono affiancati ad un controcampo di un volto malato e con pochi capelli, distrutto dal cancro.

In un campionario di tragedie Ma Ma sembra implorare il pianto dello spettatore senza dignità, essendo disposto a qualsiasi cosa pur di arrivarci. Invece che essere il culmine di un percorso finalizzato ad altro, un avvenimento spontaneo e personale, la commozione è l’unico fine del film e per quello ogni cosa può essere sacrificata.
Ne esce male prima di tutto Penelope Cruz (anche produttrice del film), appiattita su sorrisi di una dolcezza esagerata oppure su dolori incomparabili, occhi lucidi ma anche sorriso di chi tiene il proprio dolore chiuso in sè per non affliggere gli altri. E poi ne esce male il senso del racconto di una fase nella vita di una donna.

Abbandonata dal marito Magda trova conforto in un altro uomo solo con una scia di morte dietro di sè, nonchè un secondo padre per suo figlio. Questa protagonista sembra vivere per gli altri, sembra non avere una propria identità che non sia il desiderio di pensare a chi le sta vicino. Non sappiamo esattamente cosa Magda voglia per sè, sappiamo solo che soffre, soffre tantissimo, che tutto si accanisce contro di lei nella forma della malattia e del mancato amore degli uomini (anche il figlio avrà dei momenti di allontanamento). Proprio per questo Ma Ma, benchè probabilmente volesse essere l’esaltazione della donna e della sua forza interiore, alla fine, per eccesso di tragedismo, finisce per raccontare solo l’accanimento femminile nei confronti del sentimento e della dedizione agli altri.

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