Lupi mannari, la recensione: un film imperfetto con la mentalità giusta
Il film Netflix con Jean Reno è tratto da un celebre gioco da tavolo francese. Ed è quello che in Italia (purtroppo) non si fa mai.
Non è questione di bello o brutto. Il punto è che questo film in Francia si fa e da noi no. Quando è stata l'ultima volta che nel nostro paese si è cercato di fare un fantasy per ragazzi, collegato a un famoso gioco di ruolo (quindi con dimensione marketing intertestuale) e di prendere la cosa sul serio presentando missioni, effetti speciali, scenografie di livello ecc? Non un'operazione autoriale sulla fiaba (Il racconto dei racconti). Non un racconto Super da cosplayer, con la paura reverenziale del modello americano scritta in fronte (Il ragazzo invisibile). Solo un'ora e mezza di puro intrattenimento, pensata per un bersaglio preciso - le famiglie - e calibrata di conseguenza per raggiungerlo.
È una mentalità industriale sana, che si fa ammirare anche in un film imperfetto come questo. Imperfetto non perchè gli effetti speciali non siano esattamente di primo livello: questo ci sta tutto visto il budget ed è pienamente giustificato dalla dimensione ludica di partenza, che fa accettare anche un fantasy più stilizzato. Ma perché la sceneggiatura non ha abbastanza frecce al suo arco per reggere un'ora e mezza di durata. L'umorismo non sarebbe da buttare: si scherza molto su questioni contemporanee, dal femminismo ai temi lgbt e razziali, trovando la risata nel confronto tra la modernità e un'epoca completamente diversa.