Nove Lune E Mezza, la recensione

Una maternità per due donne in una commedia che è retta solo dagli assoli di alcuni attori, troppo poco per Nove Lune e Mezza

Critico e giornalista cinematografico


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Non è certo nel soggetto che l’esordio di Michela Andreozzi difetta.

Lo spunto di una donna che sceglie di farsi innestare l’ovulo fecondato della sorella per aiutarla ad avere il figlio che non riesce ad avere, addossandosi quindi una gravidanza senza poi avere un figlio, è pieno di promesse e molto concreto, vitale e addirittura giustamente equivoco. È semmai in tutto il resto che questo film inspiegabilmente lunghissimo difetta, dalla capacità inventare snodi a sufficienza per arrivare alla fine fino a quella di scriverli, per non dire metterli in scena, in modo che si presentino come un racconto armonico, fluido e piacevole. Nessuno pretende addirittura un senso, sarebbe davvero troppo, ma almeno un po’ di mestiere anche per un esordio, a partire almeno dalla scelta di una colonna sonora minimamente decente (come mai le commedie italiane sono soddisfatte dall’avere musiche così terribili? Perché vanno bene a tutti? Perché nessuno si sente in diritto di pretendere standard un po’ migliori?).

Nove Lune E Mezza è invece una dolce commedia innocua per mamme che sa molto bene dove schierarsi con le sue prediche ma che poi disegna un mondo a misura di immaginario femminile, in cui la coppia gay litiga perché uno teme che l’altro abbia il vizietto di andare con le donne e in cui gli uomini hanno le medesime esigenze delle donne. Un mondo femminile che non è tale perché concentrato su problemi, questioni e dinamiche femminili, ma perché pensato con una testa femminile, una per la quale gli uomini hanno interazioni basiche e le donne sono colme di sentimenti complessi. Macchiettistico certo (è il tono di buona parte del film) ma purtroppo anche incapace di avvicinare a sufficienza lo spettatore all’umanità dei personaggi.

Come spesso avviene nelle commedie prive di un’idea di regia, quelle che non possono lasciare alla messa in scena l’incombenza di creare l’equilibrio tra sentimentale e coinvolgente, anche questa sceglie di affidarsi in toto agli attori, inquadrarli e lasciare (o sperare) che creino loro la magia. Come logica conseguenza il risultato non sarà un film unitario, solido, che corre sicuro e spedito ma un percorso altalenante che ha intensità e riuscite diverse a seconda di chi è inquadrato. Ancora peggio, sembra che Nove Lune e Mezza abbia qualche difficoltà a far interagire i personaggi, quindi anche gli attori più in forma aiutano il film unicamente nei loro assoli. Non è un caso infatti che tutte le parti con Lillo girino molto meglio, siano più dinamiche e abbiano un tono decisamente più centrato delle altre.

Ma anche in quei casi, cioè nei momenti migliori, il sapore è sempre quello della scenetta autoconclusiva. Lo mostra bene un dialogo con una mamma logorroica ed eccitata dagli aspetti peggiori della maternità, solo le capacità dell’attrice di sostenere e portare avanti il proprio pezzo possono dare anima a questo film, che per il resto sembra fiero e soddisfatto nel non avere una personalità.

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