Luna Park (prima stagione): la recensione

Luna Park, la nuova serie originale Netflix in arrivo il 30 settembre, riesce a intrattenere con un susseguirsi di eventi fin troppo rapido che rende, purtroppo, la narrazione un po' superficiale e stereotipata

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Luna Park, la recensione della prima stagione

Netflix prova a catturare l'attenzione di spettatori appartenenti a una fascia di età il più ampia possibile con la sua nuova serie italiana, Luna Park, grazie a un mix di dramma familiare e storico, primi amori, scoperta della propria identità e sessualità, misteri, il fascino e il glamour della Dolce Vita, ed emancipazione femminile. Il risultato è una visione piacevole, ma a tratti fin troppo superficiale, che intrattiene nonostante non riesca a convincere mai del tutto, sostenuto da una buona prova del suo cast.

Luna Park, ambientata negli anni '60, racconta la storia di due giovani donne: Nora (Simona Tabasco, I Bastardi di Pizzofalcone) è una giostraia, mentre Rosa (Lia Greco), è cresciuta in una famiglia benestante della Roma bene. Il destino fa incontrare le due ragazze in un luna park e le porterà alla scoperta di essere sorelle, separate quando avevano pochi mesi, obbligandole così a cercare di scoprire la verità riguardante il loro passato mentre affrontano il passaggio all'età adulta e si ritrovano a fare i conti con un crimine che avrà un grande impatto sulle persone che le circondano.

Le sei puntate che compongono la prima stagione del progetto sono costruite a livello narrativo mostrando le differenze sociali delle realtà in cui le due protagoniste sono cresciute. La famiglia Marini di Nora è all'insegna di una maggiore libertà e mancanza di regole rispetto alla formale, e un po' fredda, esistenza dei Gabrielli, tuttavia entrambe hanno nel proprio passato dei segreti e nel presente molto ombre. Miranda (Milvia Marigliano), la nonna di Nora, non ha infatti mai rivelato ad Antonio (Tommaso Ragno), quanto accaduto a lei e alla figlia Stella (Ludovica Martino) durante la seconda guerra mondiale quando l'uomo era distante da Roma, e Ettore (Mario Sgueglia), zio della ragazza, conduce una vita che potrebbe mettere a rischio la sicurezza della sua famiglia. Tra le fila dei Gabrielli, Rosa è cresciuta accanto all'estroverso fratello Giggi (Paolo Calabresi), che sogna di diventare una star, mentre i loro genitori Tullio (Paolo Calabresi) e Lucia (Fabrizia Sacchi), hanno sempre cercato di mantenere una facciata all'insegna dell'unità e dell'equilibrio nonostante la profonda fragilità della madre della ragazza, segnata profondamente dalla scomparsa della seconda figlia, e una mancanza di onestà che caratterizza i loro rapporti con il prossimo.
Nell'intricata vicenda si inseriscono poi le vicende dei coniugi Baldi (Miechele Bevilacqua e Lorenza Indovina), dei loro due figli Matteo e Simone (Edoardo Coen e Alessio Lapice), e del famoso attore Sandro Ralli (Giulio Corso).

La sceneggiatura scritta dalla creatrice di Luna Park Isabella Aguilar (Baby) propone una narrazione fin troppo ricca di spunti da sviluppare in sole sei puntate e, pur provando a dare uno spazio adeguato a ogni tassello che compone la storia, non riesce sempre a convincere nello sviluppo delle tematiche e dell'evoluzione dei personaggi. Il gioco di contrasti che contraddistingue il racconto possiede delle buone potenzialità che vengono un po' sprecate a causa dell'affrettato susseguirsi dei tanti, troppi, eventi. La scoperta del legame tra Nora e Rosa avviene in modo rapido e le conseguenze emotive sulle due ragazze vengono messe in secondo piano dalla presenza nel racconto di un elemento in stile "giallo" legato al patinato mondo di Cinecittà in cui si ritrovano coinvolti, in vario modo, tutti i giovani protagonisti. Nonostante la bravura di Simona Tabasco nel gestire l'incertezza vissuta da Nora dopo la scoperta delle sue vere origini e la trascinante simpatia e dolcezza di Lia Greco, la serie perde l'occasione di addentrarsi in modo realistico e approfondito nella mente delle ragazze che stavano diventando donne negli anni '60 alle prese con la voglia di rinascita del dopoguerra e profonde divisioni sociali. I personaggi, con le loro contrapposizioni a tratti fin troppo nette, risultano delineati in modo approssimativo anche a causa del ridotto numero di episodi che impediscono di dare spessore alle vicende umane e alla ricostruzione storica, in particolare nell'episodio flashback che riassume in modo frettoloso un importante passaggio del racconto, che risultano fin troppo stereotipate nonostante il merito di proporre delle figure femminili emancipate e independenti.
I costumi d Alfonsina Lettieri e le scenografie di Massimiliano Sturiale contribuiscono comunque a costruire un'atmosfera affascinante, e la scelta di affiancare brani musicali contemporanei a cover delle hit degli anni '60 appare ben gestita per aggiungere un po' di appeal internazionale al progetto e avvicinarsi agli spettatori più giovani.

La decisione di sviluppare in contemporanea tante storie e numerosi personaggi, ognuno dotato di elementi che sulla carta lo renderebbe unico e meritevole di spazio in scena, contribuisce a far diventare la serie un intrattenimento senza particolare impegno che arriva alla conclusione della prima stagione divertendo, grazie anche all'ottimo ritmo dato alla narrazione grazie al montaggio di Michele Braga ed Emanuele Bossi, ma deludendo un po' per la scelta di chiudere con importanti cliffhanger ed evoluzioni personali in divenire, situazione che lascia ovviamente la speranza di un rinnovo del progetto da parte di Netflix ma risulta comunque piuttosto superata dal punto di vista narrativo.

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