Lucy, la recensione

Luc Besson torna al successo con Lucy, adrenalinico action movie con Scarlett Johansson in forma smagliante e con parecchi superpoteri

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Qual è il film in cui Scarlett Johansson gioca ai supereroi?

The Avengers? No.

Captain America: The Winter Soldier? No.

E' Lucy, divertentissima pellicola imbottita di zucchero e adrenalina dove l'attrice newyorchese parte trasandata come la Marilyn Monroe de Gli spostati e si trasforma in una vera... supereroina.
La studentessa americana Lucy di stanza a Taiwan è pronta per diventare una supereroina quando verrà utilizzata come "mulo" (primo film ad enfatizzare la mansione nel 2004: Maria Full of Grace con Catalina Sandino Moreno) per trasportare la droga sintetica CPH4.
Tranquilli: il nome per la vendita diventerà molto più pop.

La sostanza è blu, granulosa e portentosa. Diciamo che espande la capacità cognitiva portandoti a usare al massimo le potenzialità del tuo cervello. Soprattutto se l'organismo la assimila violentemente. Si diventa quindi più intelligenti, precisi e sicuri di sé come nel successo Limitless con Bradley Cooper. Ma mentre in quel film lui cercava di fare soldi, qui la nostra Lucy deve sopravvivere a un'onniscienza distruttiva e a un gruppo di gangster ferocemente sulle sue tracce allorquando lei da Taiwan cerca di raggiungere Parigi per poter trasmettere a uno scienziato del cervello (Morgan Freeman, ovviamente) tutto ciò che sta velocemente apprendendo.
Le didascalie sono impietose nel comunicare l'aumento da parte di Lucy delle proprie capacità mentali: 30%, 60%, 99%. E dopo?

Come in Terminator di James Cameron, scopriremo la trama del film mentre scapperemo a fianco della nostra Lucy inseguita da criminali orientali armati di bazooka.
Zucchero e adrenalina perché grazie all'acume del regista di Nikita, Léon e Il quinto elemento, Lucy riesce a essere un road movie molto dolce (bella la telefonata affettuosa con la mamma simile ai momenti più stranianti di Spring Breakers di Korine), squisitamente femminile (Besson adora la donna e si vede anche qui) e più che brillante per via di un finale che potrebbe anche aprire qualche discussione teologica.

Il tutto in 90 minuti ironici e mai pesanti. La Johansson nella sua prova attoriale migliore dopo la voce sexy di Lei. All'inizio del film ha sempre la bocca aperta come segno di sguaiata incomprensione della realtà, mentre alla fine... sarà fantastica.

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