Lucy – La speranza, la recensione
Abbiamo recensito per voi Lucy – La speranza, graphic novel di Patrick Norbert e Tanino Liberatore
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
Sarebbe stato un vero peccato se in Italia non fosse mai arrivato Lucy – La speranza, graphic novel scritta da Patrick Norbert e disegnata da uno dei nostri più grandi artisti: Tanino Liberatore. Comicon Edizioni ha presentato il volume all'ultima Lucca Comics & Games, a distanza di un decennio dal suo esordio in Francia per Capitol Editions, circa lo stesso quantitativo di tempo impiegato dagli autori per completare l'opera.
Il lussuoso ed elegante cartonato in cui è stato presentato nel nostro Paese è arricchito dalle disquisizioni sull'argomento stilate dai professori Giorgio Manzi (antropologo e divulgatore scientifico all'Università La Sapienza, Roma) e Damiano Marchi (antropologo dell’Università di Pisa). Vi è poi una cospicua sezione dedicata alle ricerche, agli schizzi e agli studi preparatori di Liberatore, che si è affidato per la prima volta al digitale con esiti sbalorditivi.
Lucy è dunque il frammento di un passato remoto che ci scorre davanti agli occhi senza far rumore, un ricordo riaffiorato chissà da quale angolo recondito della nostra memoria. Va detto che i testi non sono completamente assenti ma la forza espressiva e recitativa dell'arte di Liberatore rende superflue - a volte addirittura ridondanti - le didascalie esplicative dei gesti e delle sensazioni della protagonista. La scorrevolezza e la fruibilità di questo fumetto sono figlie delle immagini straordinarie dell'illustratore di origini abruzzesi, e restituiscono carne, sangue e anima a un fossile catalogato in maniera asettica con la dicitura AL 288-1, trasformandolo in un individuo con una storia e una vicenda da raccontare.
Lucy – La speranza è una forma di omaggio crudo e poetico da parte dei suoi autori a un essere alto poco più di un metro, simile a una scimmia antropomorfa ma già perfettamente bipede nella locomozione ed eretta nella postura. Ancora oggi, non sappiamo se sia un nostro diretto parente; senza dubbio è stata il primo rappresentante di una specie cruciale di ominidi, l'Australopithecus Afarensis, da cui si sarebbe evoluto il genere Homo, a cui apparteniamo.
Norbert e Liberatore hanno voluto collocare quell'insondabile scintilla che distingueva Lucy da suoi simili - e che avrebbe significato un futuro incommensurabile per i suoi discendenti - non nella sua intelligenza, non nel suo cervello grande poco più di quello di uno scimpanzé, ma nel suo sentire, nel suo cuore. L'hanno immaginata come una madre premurosa e coraggiosa, una compagna amorevole, un soggetto in grado di sognare e lottare: una splendida donna.