Lucky Luke voll. 1-5, la recensione
Sbarca in edicola il cowboy che spara più veloce della sua ombra
Carlo Alberto Montori nasce a Bologna all'età di 0 anni. Da allora si nutre di storie: lettore, spettatore, ascoltatore, attore, regista, scrittore.
I primi cinque volumi di questa serie ristampano dal numero 12 al numero 21 della serie originale, saltando i primi numeri, dove il disegno di Morris era ancora acerbo e René Goscinny non era ancora intervenuto per supportarlo alla sceneggiatura. Con la promessa di recuperare gli esordi più avanti nel corso della pubblicazione, la collana parte dall'inizio del periodo migliore di Lucky Luke. Tra corse all'oro, cittadine attaccate dai banditi, gare fluviali tra battelli a vapore e scontri per la conquista delle terre selvagge, ogni storia riesce a destare l'interesse del lettore con trame originali e personaggi bizzarri, nonostante l'ambientazione quasi monotona rischi di far cadere il fumetto nella ripetitività. Tra tutti gli avversari spiccano i fratelli Dalton, presenti in questi primi cinque volumi con tre differenti storie, nelle quali si può seguire come gradualmente la loro caratterizzazione diventi sempre più rifinita. Un altro passaggio fondamentale nell'evoluzione della serie è la comparsa dell'imbranato cane da guardia Rantanplan: il cane esterna i suoi pensieri ingenui attraverso dei balloon, e da quel momento farà lo stesso anche Jolly Jumper, il cavallo di Lucky Luke, che diventerà una spalla comica a tutti gli effetti esprimendo la sua opinione sugli eventi con frecciatine ironiche.