Luck 1x04, "Episode Four": il commento

luck si crogiola in se stesso e non porta aggiunte narrative. un ottima regia e una buona caratterizzazione dei personaggi possono bastare a una serie tv?

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Quando si guarda un episodio scritto da Mann e Milsch è buona norma non aspettarsi troppo da un punto di vista narrativo e concentrarsi sul lirismo dettato da immagini e linguaggio. È un mantra da ripetersi prima di ogni puntata. Purtroppo, a ‘sto giro, ho dimenticato di ripetermelo. Il risultato è che il lirismo e il linguaggio sono passati in secondo piano e la frustrazione al primo. La frustrazione sia di chi guarda sia della storia, che viene dosata con la flebo. Di aggiunte narrative se ne vedono poche o nulla al punto che è difficile dire che succede in questo quarto episodio di Luck.

In ordine di importanza, direi di partire dalla storyline di Ace. Il personaggio interpretato da Dustin Hoffman si divide tra interventi socialmente utili e la costruzione della sua vendetta. Dopo aver acconsentito al finanziamento del progetto della dolce Claire, Ace, incontra finalmente il tanto odiato Mike. E anche se pure qui gli elementi della storia vengono elargiti con la generosità tipica degli avari, si può capire tanto dai gesti e dagli sguardi. Mike fa di tutto per impressionare Ace ma proprio questo fatto lo mette in una posizione d’inferiorità nei confronti del rivale. L’unico momento in cui riesce ad ottenere una reazione è quando gli chiede del nipote. Ed è nella risposta e nello sguardo di Ace che possiamo vedere quanto il personaggio interpretato da Hoffman sia, effettivamente, pericoloso. Si perché nelle sue interazioni con la signora amica dei detenuti sembra la persona più adorabile, gentile e onesta del mondo.  Il solito cappello conclusivo, con Ace e il Greco che fanno il punto prima di dormire, è dedicato proprio a far emergere la tenerezza che Ace prova nei confronti dell’attivista. Attendiamo sviluppi, anche questi saranno stillati in poche gocce per volta.

Sul lato “gruppo di scommettitori” le novità stanno a zero. Lonnie, Renzo e Marcus sorvegliano Escalante e il loro cavallo. Jerry gioca a poker e perde, in continuazione. Solo l’intervento dei suoi amici lo salva dalla rovina. Viene da chiedersi quale sia il ruolo di Lonnie e Renzo, ben lontani dall’essere le menti del gruppo. Pare più che siano il modo con cui una delle menti, Marcus, tiene al sicuro e operativa l’altra mente, Jerry.

Walter Smith assiste alla prima vittoria del suo puledro, il figlio di Delphi, montato da Rosie la fantina irlandese. Il cavallo a cui il vecchio allenatore riserva tante cure dimostra subito di essere un fuoriclasse. Purtroppo è un fuoriclasse malato. Il discorso finale di Smith sembrerebbe contraddire quanto detto, nelle precedenti recensioni, sulla giusta mancanza di mitizzazione dei cavalli. Ma, a ben vedere, il discorso fatto dall’allenatore non è un discorso al cavallo ma un flusso di coscienza che usa per farsi forza.

Finalmente Richard Kind ha l’opportunità per mostrarci di che pasta è fatto: il monologo di Joey, agente dei fantini, è la summa del personaggio. In ogni battuta, in ogni balbettio, si può percepire la nevrosi e l’arroganza passivo-aggressivo del personaggio. Joey è, senza dubbio, uno dei personaggi più complessi e meglio recitati della serie.

Ultimi, anche quando primi, i tre fantini. Per due cavallerizzi in crisi ce n’è una che tocca il cielo con un dito. Rosie vince con il cavallo di Smith e questo le impedisce di vedere la crisi che sta affrontando Leon. Ronnie, invece, nella sua crisi ci si crogiola e ricomincia a drogarsi.

Il quarto episodio di Luck si guarda allo specchio e si congratula con se stesso. Naviga in un mare di autoreferenzialità e, purtroppo, a delle immagini bellissime e dei personaggi delineati sempre meglio ancora non si affianca nessuna evoluzione nella storia.

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