La parola “fortuna” ha almeno due accezioni. Può avere, oppure no, la s all’inizio. Ed essere allora, sfortuna o fortuna. In entrambi i casi è qualcosa di assolutamente casuale, che può favorirci o intralciarci. E anche se la fortuna è oltre il controllo di chicchessia, gli uomini cercano di ingraziarsela con i gadget più assurdi: dai corni, alle zampe di coniglio, ai ferri di cavallo. Ma non importa quanti passaggi sotto la scala hai evitato, non importa quanto sale ti sei buttato alle spalle, se la sfortuna ti cerca, prima o poi ti becca. Così, quando succedono brutte cose, la fortuna (o la sua assenza) ci leva di dosso la responsabilità, mentre quando succedono belle cose ci sentiamo più leggeri, sicuri che la fortuna ci sorrida. La fortuna è, probabilmente, pura delirante follia umana concentrata. L’intento della nuova serie firmata
David Milch e targata HBO sembra essere quello di esplorare il pathos e le emozioni dietro quest’umana follia.
Dustin Hoffman interpreta Ace Bernstein, un chierichetto appena rilasciato dopo tre anni di carcere. Ace viene prelevato dal carcere dal Greco, suo autista e guardia del corpo. E' pronto a tornare in affari, usando il Greco come prestanome per evitare problemi con la libertà condizionata. Ace è però il protagonista di una sola delle diverse storie che si intrecciano in Luck. C’è anche Turo Escalante (John Ortiz), un allevatore che ispira ben poca fiducia, e due fantini: un esordiente, Leon (Tom Payne), e il veterano Ronnie Jenkins (Gary Stevens) che combatte l’età e l’alcool per restare nel giro. Tra i fantini anche la fidanzata irlandese di Leon, Rosie, interpretata da Kerry Condon. I fantini hanno un agente balbuziente di nome Joey Rathburn, interpretato da Richard Kind. Per chiudere il sordido quadro dell’ambiente delle corse dei cavalli non possono mancare gli scommettitori. Ne abbiamo addirittura un quartetto, abbastanza pittoresco. C’è Marcus (Kevin Dunn), bloccato sulla sedia a rotelle, che si aggrappa alle corse più o meno come fa con l’ossigeno. A fare gruppo con lui troviamo Lonnie ( Ian Hart), Renzo (Ritchie Coster) e Jerry (Jason Gedrick), affetto da una lievissima dipendenza dal gioco.
Luck sembra essere una di quelle serie della HBO che richiedono tempo per essere assorbite, capite e, se è il caso, amate. Qui sembrano esserci tre ottimi motivi per farlo:
David Milch,
Michael Mann e
Dustin Hoffman. La fiducia potrebbe pagare bene. Il pilot rende subito evidente il concetto di fondo che potrebbe essere portato avanti per gli episodi a venire: non ci sono buoni e non ci sono cattivi. Tutto è giocato sull’ambiguità dei personaggi. Non c’è positivo o negativo, tutto dipende da qual è lo scopo di ognuno. Prese di posizione di questo tipo sono sempre ben accette, rendono tutto più umano e reale. Milch e Mann decidono di raccontare un sottobosco, quello delle corse dei cavalli, complesso e affascinante. Riuscirci evitando errori e cliché non è impresa da poco.