[Lucca 2013] Machete Kills, la recensione [2]

Nella terza giornata del Lucca Movie Comics and Games, è stato mostrato in anteprima nazionale Machete Kills, secondo capitolo della fortunata saga di Robert Rodriguez.

Condividi
  • Leggi la recensione di Gabriele Niola

Machete capita. E capita a fagiolo al Lucca Movie Comics and Games, a rischiarare un calendario di proiezioni che finora era stato all’insegna della serietà piuttosto tendente alla cupezza. Finalmente, al secondo giorno di manifestazione, il pubblico in sala ha trovato pane per i propri denti e ha potuto esprimere appieno il proprio entusiasmo in una catena di applausi a scena aperta che hanno costellato la proiezione di Machete Kills, sequel del godibile Machete del 2010. Robert Rodriguez recupera parte del cast sopra le righe del primo capitolo, a corona del monumentale, iconico protagonista Danny Trejo. Una maschera impassibile, che inanella una serie di massime autoriferite tra cui spicca “Machete non twitta”. Machete è un uomo tutto d’un pezzo, un eroe d’altri tempi che però rivede spesso e volentieri le proprie posizioni. Un seduttore involontario, un leader eletto suo malgrado, il salvatore riluttante di un intero mondo.

 

Trejo è una tale garanzia di divertimento che qualunque assurdità, accostata alla sua mimica impenetrabile, è giustificata quasi in automatico dallo spettatore, inebriato da una violenza via via sempre più improbabile. Forte di questa granitica icona, Rodriguez si concede una storia affollata e satura di scontri: la posta in gioco si alza rispetto al primo capitolo, e con essa anche il barocchismo splatter che permea ogni singola inquadratura del film. Non c’è nulla di discreto, nulla di implicito, nulla di lasciato all’immaginazione.

Si avverte, di tanto in tanto, una certa fiacchezza di idee rispetto alla vulcanica esplosione del primo film, ma il ritmo resta comunque scattante, garantendo un livello d’intrattenimento senza particolari cadute d’intensità. Il flusso dei personaggi e delle situazioni è inarrestabile, e alla fine della visione l’unica cosa che resta davvero impressa è sempre lui: Machete Cortez, incarnazione della vendetta, che insegna ancora una volta come legge e giustizia non siano sempre la stessa cosa. Al di fuori di lui, ogni singolo personaggio è utile ma non insostituibile, passabile di sostituzione ed eliminabile senza rimorso. È così che deve essere: è ciò che il pubblico vuole, ed è ciò che il pubblico merita. E Machete vuole bene al pubblico.

Continua a leggere su BadTaste