Dramma della vecchiaia e dell'abbandono raccontato attraverso un'animazione semplice e non sempre convincente dallo spagnolo Ignacio Ferreras...
Dedicato a tutti gli anziani di ieri, di oggi e di domani.
Questa l’emblematica frase di chiusura (o quasi) del lacrimevole, desolante, deprimentissimo
Arrugas di
Ignacio Ferreras, lungometraggio animato tratto dall'omonima graphic novel di Paco Roca mostrato oggi al Lucca, Movie Comics and Games. Al centro di questo dramma ridipinto di fasulla vivacità da un’animazione tutt’altro che raffinata, derivata evidentemente dall'opera d'origine, l’anziano Emilio, parcheggiato in una casa di riposo da un figlio distratto. Abbandonato come un cane al ciglio di una strada affollata di randagi, di naufraghi della memoria come lui: anziani lucidi e meno lucidi, tutti sull’orlo di un inferno che ha le sembianze dell’odiato “piano di sopra”, il piano degli assistiti, di quelli che non ce la fanno da soli e che vengono accatastati lì come vecchi oggetti riposti in soffitta. Emilio teme il piano di sopra, e come lui lo teme anche il suo gioviale, truffaldino compagno di stanza Miguel. Varrà anche in questo caso il vecchio detto “l’unione fa la forza?”
Arrugas è una discesa inesorabile nella depressione. Una corsa senza freni che sfonda quella che è, per la verità, una porta aperta. Il dramma degli anziani trascurati da un parentado dalla memoria piuttosto corta e dal senso di riconoscenza inesistente non è di certo un tema ignoto al cinema. E il fatto che venga trattato in un film d’animazione non basta, di per sé, a legittimare la necessità di questo film. Non che Arrugas sia brutto, per carità: salvo l’animazione dei personaggi fastidiosamente sempliciotta e alcune discutibili scelte registiche (non ultima la risibile riproduzione dell’effetto della macchina a mano in una scena di suspense), la storia è comunque ben gestita e i personaggi sono raccontati in maniera non originale ma comunque credibile. Alcune sequenze (tra le più riuscite, peraltro) si lanciano addirittura all’inseguimento dello stile del Maestro per eccellenza, l’amato Hayao Miyazaki che ha da pochi mesi annunciato il suo definitivo addio alle scene. Emulazione impossibile, ma imitazione che nobilita sensibilmente l’aspetto visivo del film.
Qualche perplessità sul senso dell’intera operazione rimane, mentre si lotta a viva forza con le lacrime che bussano insistentemente per uscire fuori a ogni sacrosanta scena. Poco ma sicuro, il sentimento predominante a visione terminata non sarà tanto la compassione per la drammatica situazione degli anziani, quanto un improvviso, illogico desiderio di tirare le cuoia anzitempo. Insomma, bersaglio mancato, ma comunque il tiro va a punti.