[Lucca 2012] Red Lights, la recensione
Il regista di Buried - Sepolto torna con un thriller goffo e dal sapore fortemente televisivo in cui l'unico che s'impegna davvero è Cillian Murphy...
Durante la proiezione di Red Lights, per ben due momenti, mi sono guardato intorno con un fare a metà fra lo stupito e il dubbioso.
Quando osservi Robert De Niro che, per mostrare al pubblico la cecità del proprio personaggio, scende la scaletta di un aereo tirandosi giù gli occhiali con lo stesso modo di fare di un guitto di periferia o quando vedi che il regista sceglie di mostrare il passato di Simon Silver affidando la parte del giovane De Niro a tale Eugenio Mira, uno che pare una sorta d'imitatore di bassa lega in grado di muovere i muscoli facciali solo per produrre una ridicola espressione “in stile Intoccabili”, il minimo che puoi pensare è “Si tratta sicuramente di uno scherzo”.
Eppure, la crisi economica, le spese di un eventuale mutuo o le rate della finanziaria per il nuovo frigorifero sono, evidentemente, problemi che affliggono anche le casse di consumati interpreti come l'ex Toro Scatenato. Altrimenti è pressoché impossibile motivare razionalmente la scelta di partecipare a una pellicola come Red Lights, la seconda scialbissima prova del filmmaker galiziano Rodrigo Cortés. Se almeno Buried – Sepolto, nonostante il telefonatissimo e scontatissimo finale che era riuscito, chissà come e perché, a travolgere la critica di mezzo, aveva dalla sua un inaspettato, data la claustrofobia del setting, dinamismo unito a una prova davvero encomiabile di un attore, Ryan Reynolds, eccessivamente sottovalutato, Red Lights, che vede Cortés anche autore della sceneggiatura, è una barca che fa acqua da tutte le parti.
La prima parte della storia, questo va riconosciuto, riesce a creare un discreto stato di tensione, malgrado personaggi buttati li del tutto a caso, come l'assistente di Silver (Joely Richardson), una Sigourney Weaver che condivide con De Niro la tessera del club “Ma che ci sto a fare qua” e un Toby Jones che, per la seconda volta in un paio di anni, si ritrova a vestire il camice di uno scienziato, senza, però, avere i potenziali “contro” del lavorare al soldo di Teschio Rosso.
Il problema fondamentale è la terribile gestione del twist narrativo da parte del regista sceneggiatore. Per lo meno all'inizio, l'opera ha il dignitoso incedere di un film televisivo anni '70 senza infamia e senza lode in cui la squadra dei buoni ricercatori è alle prese con le indagini su vari casi di fenomeni paranormali e il conseguente smascheramento dell'inganno che soggiace alla loro base.
Poi però Cortés pare voler disseminare degli indizi da grande classico del genere giallo che si limitano, però, a far apparire sopra alle nostre teste una nuvoletta con un punto interrogativo. Principalmente perché si tratta di elementi del tutto scontati che conducono a una rivelazione finale alquanto fuori luogo, se non del tutto inspiegabile, che non posso esplorare in maniera troppo approfondita in questa recensione per evitare di spoilerare un momento ai limiti del kitsch più spinto. Posso solo dire che tutta la compagine di BadTaste e BadGames presente alla proiezione in programma al Lucca Movie Comics & Games ha pensato a Matrix. Ma non aggiungerò altro.
L'unico a salvarsi in mezzo al marasma generale è l'irlandese Cillian Murphy, attore d'indiscussa qualità e bravura che in questo lungometraggio, come in un altro che casualmente cita il colore rosso nel titolo, Red Eye, si ritrova a essere l'unica persona a impegnarsi davvero mentre tutti i suoi colleghi del cast e della troupe non fanno evidentemente altro che aspettare il cestino del catering.
Peccato perché la premessa della pellicola – la sfida fra paranormale e scienza – seppur non originalissima, avrebbe potuto portare alla creazione di un thriller onesto, magari non indimenticabile, ma almeno in grado di destreggiarsi in modo più chiaro e meno goffamente ambiguo fra i due poli di questa tenzone più e più volte narrata dalla settima arte. E se Robert De Niro fosse stato più concentrato su quell'attività che, in condizioni normali, sa fare piuttosto bene, avrebbe potuto regalarci un'altra interpretazione sulfurea e luciferina in stile Angel Heart.
Se.