Low Winter Sun (prima stagione): la recensione

Pur non meritando il clamoroso insuccesso di pubblico, la serie con Mark Strong non si può dire esattamente riuscita

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Dal punto di vista dei dati d'ascolto, Low Winter Sun è uno dei più clamorosi disastri del recente passato. Non che siano il primo punto d'interesse dei cable network, ma è chiaro che sprecare il traino dei continui record infranti da Breaking Bad deve condurre ad una reazione. La prima che viene in mente è: peccato. Peccato perché la serie con Mark Strong, pur con i suoi tanti difetti, non ci è sembrata quel prodotto tremendamente insufficiente che sia il pubblico che la critica hanno deciso che fosse, peccato perché, con qualche accorgimento e attenzione in più, lo show avrebbe raggiunto risultati molto più interessanti, peccato perché, con il 99% di probabilità di cancellazione di Low Winter Sun, la programmazione offerta dalla AMC si assottiglia sempre più.

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A metà strada tra un meccanismo narrativo e una costruzione dei caratteri che non può non ricordare The Shield e un ritmo dispersivo e lento, soprattutto nella parte centrale della stagione, che sembra riprendere gli elementi peggiori da Rubicon, Low Winter Sun ha seguito fedelmente le premesse emerse nel corso del pilot. Premesse narrative che non vengono mai abbandonate, ma che al tempo stesso non si può dire avanzino con costanza durante tutte le puntate. Più che andare avanti con la storia della copertura dell'omicidio di un poliziotto ad opera dei protagonisti, Low Winter Sun ha infatti preferito sprofondare in essa, continuando a scavare nei suoi personaggi principali e nel doppio gioco messo in atto, scegliendo di puntellare piuttosto che di costruire e facendo crollare tutto, o quasi, solo nelle ultime due puntate.

E inevitabilmente il ritmo narrativo è stato pesantemente condizionato da questa scelta, portando ad episodi di totale stagnazione nell'evoluzione della storia, alla chiusura improvvisa e ininfluente di sottotrame fino a quel momento giudicate importanti (è emblematica quella della prostituta Katia, fondamentale nella caratterizzazione di Agnew, quasi inutile nella storia principale), ad un'esplorazione dei caratteri che solo in rare occasioni è riuscita a esteriorizzare il loro tormento. Puntare su Mark Strong e Lennie James per dar vita ai due poliziotti corrotti Agnew e Geddus si è rivelata un'idea vincente. Ha funzionato l'alchimia tra i due, hanno funzionato i caratteri e le sottili differenze di indole che abbiamo imparato a conoscere nel corso degli episodi, hanno funzionato la presenza scenica e il carisma (soprattutto di un professionista come Mark Strong, che sulle proprie spalle ha retto il peso di Ann Arbor, migliore puntata della stagione).

Di riflesso la funzionalità dei due è riuscita, anche se non completamente, a risollevare altre scelte invece non azzeccate, prima fra tutte quella del personaggio di Simon Boyd (David Costabile), presentato da subito come "nemesi ideale" dei due, come l'elemento di maggior pericolo per il piano messo in atto, e che invece non viene sfruttato come avrebbe dovuto. Ha funzionato solo a tratti anche la secondaria vicenda di Damon Callis (James Ransone, che nelle ultime settimane ha scandito la programmazione scherzando su Twitter circa i dati d'ascolto). In tutto ciò ha spiccato un'ottima realizzazione tecnica, dalla regia alla fotografia, che ha confermato le belle idee viste nel pilot.

Low Winter Sun ha vissuto sulla propria pelle la tematica principale ben specificata fin dalle prime linee di dialogo del pilot: l'inesistenza di un confine tra bianco e nero, tra bene e male, tra giorno e notte. Le caratterizzazioni dei protagonisti e non solo, le loro azioni, le loro motivazioni, ogni cosa si trova sulla linea del tramonto (forse è a questo che si riferisce il titolo). Ed è un'ottima dichiarazione d'intenti, che senza andare a scomodare Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, ci racconta nel bellissimo penultimo episodio l'evoluzione di personaggi che, come la storia, sprofondano in loro stessi, mettono argini, puntelli, si ingannano prima raccontandosi di essere senza moralità e poi fingendo di averne fin troppa, finché ogni cosa salta. Low Winter Sun ha portato avanti una tesi negativa, che non lascia la salvezza se non a pochi soggetti, e lo ha fatto con un dramma che avrebbe voluto esporre in maniera quasi documentaristica le proprie idee (ma siamo lontanissimi da The Wire) e ha finito per fallire in entrambi i sensi. Peccato.

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