Low vol. 1: Il delirio della speranza, la recensione

Abbiamo recensito per voi il primo volume di Low, serie Image scritta da Rick Remender, disegnata da Greg Tocchini e portata in Italia da Star Comics

Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.


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C’è un sentimento che lega gli essere umani sin dall’alba dei tempi, ed è la speranza. L’uomo, infatti, a differenza di tutte le altre specie animali ha sempre cercato il raggiungimento di un fine più alto, un miglioramento del proprio status sociale, economico, familiare. Questo desiderio è animato, appunto, dalla speranza che tutte queste cose riescano a realizzarsi, ed è accompagnato da profondi stati di ansia e tensione per l’eventuale fallimento. Il nuovo lavoro dello scrittore americano Rick Remender ruota proprio intorno alla speranza che vive e anima Stell, la protagonista di Low, serie edita negli USA da Image Comics, portata in Italia da Star Comics nella collana Star Comics Presenta.

Tra circa quattro miliardi e mezzo di anni il Sole aumenterà la sua massa e ingloberà al suo interno tutto i corpi celesti del sistema solare, Terra compresa. Quel momento si avvicina sempre di più e la razza umana è costretta ad abbandonare la superficie terrestre per rifugiarsi nelle profondità del mare. L’obiettivo degli uomini superstiti e quello di ricercare un nuovo pianeta sul quale trasferire la nostra civiltà. Da troppi anni, però, le sonde inviate nello spazio alla ricerca di questa “scialuppa di salvataggio” sulla quale far ripartire la nostra razza non riportano alcun segnale, spegnendo definitivamente la speranza di salvezza. Un nuovo giorno è sorto nella capsula di Salus e Stell, insieme a suo marito Johl, timoniere di Salus, al figlio Marik e le loro figlie Della e Tajo, sono pronti per intraprendere una normale esercitazione a bordo del loro sottomarino. Purtroppo un gruppo di pirati capitanati dal malvagio Roln intercetta questa spedizione e farà di tutto per impossessarsi dell’ultima tuta di timoniere di Salus, in possesso di Johl. Da questo momento la vita di Stell andrà in frantumi e si ritroverà sola con i cocci di un sogno che sembra ormai spezzato. Nel suo cuore, però, è convinta che ci possa essere ancora una via per trovare quel pianeta lontano, nel suo cuore batte ancora forte il seme della speranza.

Come in Black Science, Remender rifugge ambientazioni reali per rifugiarsi in un contesto fantascientifico ambientato nei fondali marini. L’incipit scientifico sul quale poggia l’intero impianto narrativo è solido e reale e non lascia alcuna possibilità di salvezza al genere umano. Su questo sfondo apocalittico si innestano queste nuove città capsule all’interno delle quali per millenni si è cercata una via d’uscita che, visti i continui fallimenti, ormai è ritenuta inesistente. Low, dunque, si inserisce in quel filone fantascientifico in cui le ambientazioni esotiche e immaginifiche in realtà sono solo un pretesto per raccontare storie di persone, uomini e donne costretti a superare i propri limiti, scavare a fondo nella loro anima per trovare la forza per affrontare sfide impossibili.

Salus, quindi, si trascina stancamente verso il declino, l’annullamento e lo fa vivendo quelli che sono gli ultimi mesi di vita nel piacere, nella risolutezza, nel più totale edonismo. La perdita della speranza nella maggioranza della popolazione di questa colonia ha avuto l’effetto di far crollare ogni vincolo morale ed etico, ha abbattuto le leggi che regolavano il quieto vivere per lasciare emergere l’aspetto più animale che è in ognuno di noi. Un ritorno allo stato brado, alle origini della civiltà umana, in cui conta solo il soddisfacimento dei propri bisogni/piaceri, una moderna Babilonia. La dissolutezza come risposta alla fine di ogni speranza in cui emerge come una mosca bianca la figura di Stell, l’unica all’interno della quale alberga ancora la fiammella in un futuro migliore, possibile.

E qui torniamo al discorso fatto in apertura, quando parlavamo appunto di speranza. Questa propensione non è figlia di una concezione stoica o cristiana (la fine di ogni cosa fa crollare qualsiasi tipo di impianto religioso-mistico), anzi ne rappresenta un superamento visto che ragione e speranza convivono nella stessa persona; è piuttosto una componente insita nell’animo di Stell, ottimista di indole, portata a guardare sempre con sguardo positivo tutti gli accadimenti. Questo suo modo di percepire la vita la porterà ad assumere un atteggiamento propositivo che le costerà l’emarginazione financo con suo marito. Le probabilità di un successo sono pochissime, forse pari a zero, ma ciò non intacca minimamente la sua volontà che la spingerà ad affrontare a viso aperto le autorità locali e anche l’immensità degli abissi. Una componente, dunque, che sfugge alle leggi della fisica e che può essere ricondotta esclusivamente alla sua condizione di madre.

Il tema della famiglia, quindi, ritorna prepotente anche in questo volume, come già accaduto sempre in Black Science. Questa volta ad essere posta sotto i riflettori è la figura materna, con quella forza tipica che accomuna tutte le mamme e le spinge verso imprese memorabili. Il senso di protezione, la voglia di saperli salvi in un mondo sicuro e liberi di vivere la loro vita, sono il vero carburante che alimenta la protagonista a credere che un futuro migliore sia concreto e realizzabile. Remender è abile nell’utilizzo di un tòpos letterario che gli consente di creare una immediata empatia col lettore che si appassionerà subito alle vicende narrate in questi primi sei capitoli della saga. Una storia ricca di avventura, creature incredibili, scenari da mozzare il fiato e soprattutto tanta umanità. L’essere umano viene presentato in ogni sua variante, ogni singola emozione viene mostrata in questo enorme circo dell’improbabile che è Low.

Le visioni dello scrittore sarebbero vuote se non perfettamente sublimate su carta dalle ispirate matite di Tocchini. Un concentrato di forza, esplosività, dinamismo che si unisce alla sensualità delle figure tratteggiate. La precisione delle matite dell’artista non viene mai meno, né nelle fasi concitate né in quelle più intime ed espressive, mettendo sempre in risalto l’humanitas che contraddistingue i singoli personaggi. Le tavole non hanno uno schema fisso, preferendo lasciare l’autore libero da vincoli o gabbie che ne limiterebbero l’operato. E quindi ampio spazio all’utilizzo di pagine intere e soluzioni più ardite che impreziosiscono ogni oltre modo questo volume dall’impianto narrativo forte.

Come nel mito del vaso di Pandora, anche in questo splendido volume la speranza rappresenta un riparo dal male schiacciante e ineluttabile, in grado di superare gli ostacoli e sfidare il destino. Lasciatevi guidare in questa piacevole e avvincente lettura e tornate a credere, ad avere speranza.

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